L'ANALISI
17 Ottobre 2023 - 05:05
Le elezioni europee sono ormai alle porte (giugno 2024) ed è prevedibile che la politica nazionale si concentri d’ora in avanti su questo obiettivo. In realtà, va detto con chiarezza, tutto lascia pensare che il fine non sarà tanto definire quella che è l’idea di Europa che le varie forze politiche immaginano, ma piuttosto, più realisticamente, quello di cercare di accrescere il peso percentuale di cui ciascuna forza viene oggi accreditata dai sondaggi.
Questo, poi, più per strappare elettori ai compagni di coalizione piuttosto che cercare di farlo con riferimento al fronte avverso. Ovviamente, spero di sbagliarmi. Perché, in un momento come questo, una visione riduttiva e utilitaristica dell’Europa sarebbe davvero un grave ed imperdonabile errore.
Cito almeno quattro grandi temi la cui soluzione non può che essere ultranazionale e quindi, nel nostro caso, europea.
Il tema della denatalità, dell’energia, della gestione dei flussi migratori e infine, perché no, quello della difesa.
La crisi demografica è un grande problema europeo, che riguarda in misura diversa i vari paesi che la compongono, con punte di particolare preoccupazione per quanto riguarda proprio l’Italia, che ha un tasso di natalità (1,2 figli per ogni donna) ben al disotto della quota che assicura la sostituzione (2,1). In Europa vivono oggi circa 450 milioni di persone, nel 1950 erano 100 milioni di più (550 milioni). La popolazione mondiale invece era nel 1950 di 2,5 miliardi, oggi è più che triplicata (8 miliardi). Diminuzione e invecchiamento conseguente della popolazione vogliono dire in prospettiva tre cose molto evidenti: meno Pil, più spesa sanitaria, più spesa pensionistica.
Per quanto riguarda il tema energetico, c’è da considerare l’attuale dipendenza dai paesi che dispongono delle principali fonti oggi utilizzate e, ovviamente, anche le conseguenze che questo utilizzo oggi crea per le sorti del pianeta. Credo che, al di fuori di contrapposizioni meramente ideologiche, vada ripreso e affrontato scientificamente il tema del nucleare. Le centrali costano, producono scorie che è difficile smaltire ma i progressi sono in corso e le centrali di ultima generazione hanno eliminato, o comunque ridotto significativamente, l’impatto di questi aspetti. Si tratta di un’energia relativamente a basso costo, che non aggrava il riscaldamento globale e ci libera dai ricatti dei paesi produttori dell’energia tradizionale (la Russia, prima di tutto). Continuare a combattere il nucleare senza dar retta alla scienza non ha senso, come non avrebbe senso non abbandonarlo quando la stessa scienza sarà capace di offrirci opzioni migliori.
Sulla gestione dei flussi migratori c’è poco da dire. Continuiamo a ripeterci che le nostre coste sono confini europei prima ancora che nazionali, ma nessuna strategia credibile è stata elaborata su questa affermazione che, finora, si è rivelata vuota e priva di conseguenze pratiche. Con i numeri citati sopra, è chiaro che un’immigrazione regolata e controllata è oggi non solo una possibilità ma un’urgente ed impellente necessità per assicurare forze fresche e disponibili al rilancio dell’economia europea.
Da ultimo il tema della difesa, reso drammaticamente evidente dal conflitto ucraino dove si è capito, diciamocelo con franchezza, che ciò che è moralmente giusto può realizzarsi solo se esistono la forza e le condizioni perché ciò possa accadere. È l’Europa, non i singoli stati nazionali, che deve affrontare questi temi. Non mancando di evidenziare che lo stesso Pnrr dove per la prima volta sono stati erogati finanziamenti europei, ottenuti attraverso un debito comune, è stato concepito più come un modo per consolidare gli orizzonti nazionali piuttosto che per rafforzare quelli comuni.
Fare questa Europa non è facile. Non abbiamo una lingua comune (e quindi una stampa e un’opinione pubblica europea). Abbiamo un passato di guerre tra i paesi aderenti piuttosto che di pacifiche contaminazioni. Ma abbiamo oggi un compito storico. Quello di difendere, o comunque contribuire a difendere, quel mondo democratico a cui i nostri predecessori hanno dedicato la vita per realizzarlo. Oggi quel mondo è sicuramente minoritario in termini di numeri (più o meno un cittadino del mondo su 8). Ed è sotto attacco. Non possiamo passare però alla storia come la generazione che ha permesso che questo percorso virtuoso potesse finire.
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