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I GIARDINI DI PIAZZA ROMA

Le Naiadi si rifanno il look, pulizia di tutti i monumenti

Affidati lavori per 18mila euro, partiranno a giorni. Il parco cittadino divide i cremonesi fin dal 1868

Fulvio Stumpo

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redazione@laprovinciacr.it

23 Ottobre 2023 - 05:00

Le Naiadi si rifanno il look, pulizia di tutti i monumenti

L'anfora dei serpenti, la fontana interrata e la statua di Ponchielli

CREMONA - Ponchielli, Monteverdi, Mazzini, i faccioni del ‘vaso del tempio’, perfino le Naiadi, che per definizione sono bellissime ninfe dell’acqua e dunque non ne avrebbero bisogno, si fanno un ritocchino. Non certo la plastica, o chirurgia estetica, come si dice più elegantemente, ma un bel restyling sì. Il Comune infatti ha deliberato il restauro dei monumenti dei giardini di piazza Roma, dedicati a papa Giovanni Paolo II. Nella lista delle opere da risistemare e ripulire oltre alla fontana interrata e a quelle già citate vi sono anche il bacile con le figure mitologiche e l’anfora dei serpenti. La spesa prevista è di 18mila euro, i lavori sono stati affidati allo studio di restauro di Paolo Mariani di Crema.

I lavori potrebbero iniziare già da questa settimana, clima permettendo, e dovrebbero terminare tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre. Gli interventi, coordinati dal dirigente del settore Mobilità sostenibile e verde pubblico Giovanni Donadio, consisteranno principalmente nella pulizia delle statue, sulle quali si sono depositate, almeno secondo le rilevazioni fatte dagli uffici comunali, in modo superficiale sostanze organiche, funghi e licheni, ma anche agenti inquinanti. «Il progetto si inserisce nel bando di Regione Lombardia per lo sviluppo dei distretti del commercio — spiega l’assessore al Turismo Barbara Manfredini — nel quale sono coinvolti altri assessorati e settori. A questo intervento ne seguiranno altri di rigenerazione urbana».

La lapide 'papale'


Un lavoro che andava fatto e che, probabilmente, questa volta non susciterà polemiche. Ma non è detto, visto che sui giardini e la piazza per tre secoli la città si è divisa, anche per le piccole cose. Lo scontro più noto e, diciamo, corposo, inizia nel 1868 con la demolizione della chiesa e del convento di San Domenico, e sulla scorta di una consolidata tradizione cremonese guelfa e ghibellina, cappelletti o barbarasi, la città si divide in due clericali e anticlericali. La scelta della giunta dell’epoca, guidata dal sindaco Giuseppe Tavolotti, aveva forti motivazioni ideologiche: nasceva dalle lotte risorgimentali e dall’Unità d'Italia, alla quale la Chiesa ufficiale si era opposta. E la chiesa di San Domenico e il suo convento, in realtà trasformati già in caserma da Napoleone, sembravano gli obiettivi giusti per ribadire il nuovo corso: il complesso era stato la sede dell’Inquisizione e inoltre era pericolante.

L'assessore Barbara Manfredini

Il piccone postrisorgimentale (che creerà danni permanenti alla città con il famoso, o famigerato, piano regolatore dell’ingegner Remo Lanfranchi, più dannoso, forse del piccone fascista) entra in azione nel 1868 tra polemiche roventi e si ferma poco più di un anno dopo con l’abbattimento completo. L’ultima a cadere è la cappella di San Domenico, dove era stato sepolto Antonio Stradivari (molte opere d’arte però vengono salvate e attualmente sono conservate nella Pinacoteca di Cremona). ‘Sgomberata’ l’area, partono i lavori per la realizzazione dei giardini pubblici, che durano più di 10 anni e anche qui con qualche polemica: la giunta aveva commissionato a uno scultore cremonese Giovanni Seleroni una statua di re Vittorio Emanuele II: nel 1880 la statua è pronta, ma i giardini no.

Per cui, tra frizzi e lazzi, il monumento viene sistemato nella Piazza piccola, l’attuale Stradivari (attualmente il re domina piazza Castello) e al suo posto troneggerà quella di Ponchielli. Trova posto invece qualche anno dopo la pagoda per i concerti della banda musicale cittadina, di cui Ponchielli era stato a lungo maestro. Finalmente i giardini vengono inaugurati, ma la giunta non molla la polemica e sul ‘vaso del tempio’ fa scrivere che dove un tempo regnava l’Inquisizione ora regnava la bellezza di fiori e piante.

Il busto 'repubblicano'


Ma non era ancora finita. negli anni Trenta entra in in vigore il nuovo piano regolatore, quello dell’ingegner Carlo Gamba, in cui è prevista la risistemazione dei giardini pubblici: abbattimento della pagoda, della cancellata in ferro battuto che li racchiudeva e nuovi lampioni. Apriti cielo (anche se sommessamente, il fascismo farinacciano imperversava). Qualche poeta dialettale avrà il coraggio di dire che alla statua di Ponchielli gli mancherà il palco, e che i lampioni erano sbilenchi. Poi la guerra tacita tutto, ma i giardini ritornano a produrre polemiche negli anni Novanta, quando la giunta Bodini li pavimenta con il calcestre. Interrogazioni, lettere, proteste, raccolta firme e tutte a causa del calcestre (che ancora oggi e lì).


Infine ecco che si ritorna al passato, tra guelfi e ghibellini, tra clericali e anticrericali, tra Peppone e don Camillo. Nel 2006 viene proposto che i giardini siano intitolati a papa Giovanni Paolo II, un affronto per gli anticlericali: il luogo non può ritornare sotto l’egida della Chiesa. Ma il giardino con tanto di lapide viene intitolato al papa polacco. La risposta non si fa attendere: a pochi metri dalla lapide di intitolazione, un gruppo di ‘laici repubblicani’ pone il busto di Giuseppe Mazzini, la par condicio è salva. Riusciranno le Naiadi a scatenare tanto secolare rumore? Si vuol sperare di no.

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