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Suicidio assistito, Riccio: «Raccolte 5mila firme»

A sostegno della proposta di legge regionale: si continua sino a inizio dicembre

Francesca Morandi

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23 Ottobre 2023 - 05:25

Suicidio assistito, Riccio: «Raccolte 5mila firme»

Riccio e Piergiorgio Welby

CREMONA - Suicidio medicalmente assistito: l’obiettivo delle 5mila firme raccolte in Lombardia, tra Milano, Monza Brianza e Brescia, è stato raggiunto. Si dice ‘fiducioso’ l’anestesista cremonese Mario Riccio, il medico che nel 2006 aiutò Piergiorgio Welby e che da anni si batte perché i malati terminali in condizioni di sofferenze insopportabili possano liberarsi di corpi che, a volte, diventano prigioni. E’ Riccio il primo firmatario della proposta di legge regionale elaborata dall’associazione Luca Coscioni, di cui è tesoriere Marco Cappato, perché siano competenti le Regioni a legiferare affinché ad ogni malato che ne faccia richiesta alla struttura sanitaria, siano garantite le adeguate verifiche in tempi ragionevoli. «Siamo certi di riuscire a presentare la proposta di legge regionale. C’è stata una forte adesione sulla scia del referendum», dice il medico.


La campagna è partita il 22 settembre. Le firme continueranno ad essere raccolte sino a fine novembre - inizio di dicembre anche nelle altre province lombarde. Anche a Cremona, Crema e Casalmaggiore. «Pensiamo ad una giornata di raccolta per ognuna delle tre città». L’obiettivo è di arrivare al 50% per cento in più di firme ‘per sicurezza’, spiega Riccio. «Può darsi che sia fuggita qualche doppia firma, magari la stessa persona ha firmato due volte, non ricordandosi della prima...». Meglio, quindi, ‘essere sicuri’ per poi presentare, a gennaio del 2024, la proposta di legge all’Ufficio di presidenza della Regione Lombardia. «L’iter è un po’ complicato. La presidenza dovrà deliberare sull’ammissibilità della proposta di legge. Solo dopo il parere di ammissibilità, inizierà l’iter di discussione per l’approvazione della proposta».


Il Veneto governato dal leghista Luca Zaia, e il Friuli Venezia Giulia governato da un altro leghista, Massimiliano Fredriga, «sono in fase avanzata dell’iter». Altre due regioni, l’Abruzzo (presidente è Marco Marsilio di Fratelli d’Italia) e la Basilicata (la governa Vito Bardi di Forza Italia) «sono un passo indietro rispetto a Veneto e Friuli, ma già in fase avanzata anch’esse», commenta Riccio, il quale sottolinea come la legge di proposta regionale non entri nel merito delle questioni giuridiche. «Noi vogliamo che ciascuna Regione decida che ogni ospedale sia dotato di un iter scorrevole; che a fronte delle domande, la risposta a chi fa richiesta di suicidio assistito, positiva o negativa, arrivi in un tempo ragionevole».


In assenza di una legge nazionale e di leggi regionali, il ‘suicidio assistito’ in Italia è regolamentato dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato/Dj Fabo. Un pronunciamento che ha legalizzato l’accesso alla procedura, ma solo a determinate condizioni da verificare attraverso il Servizio sanitario nazionale; questo riceverà la richiesta della persona malata e procederà con l’esame delle condizioni della persona previste dalla legge sulle Dat e delle modalità per procedere, seguito poi dal parere del Comitato. In proposito, Riccio precisa che i Comitati sono due. «Un Comitato di esperti per la verifica della sussistenza dei criteri che dà un parere tecnico vincolante, e l’altro che andrebbe ad esprimere un giudizio di tipo etico al contrario non vincolante». I criteri fissati dalla sentenza della Corte Costituzionale sono quattro.

«La maggiore età, la capacità di intendere e di volere, se la patologia è irreversibile e causa sofferenze fisiche e/o psichiche. Il quarto è il più delicato – prosegue l’anestesista Riccio -. La Corte Costituzionale nella sentenza ha detto che la persona dev’essere tenuta in vita da forme di sostegno vitale. Questa espressione è spesso soggetta ad interpretazioni. Nel caso Welby ed Englaro, erano tenuti in vita dalla ventilazione, ma nel corso di questi anni il concetto è stato ampliato». Nel concetto ampliato «rientra il non provvedere a se stessi».

E’ il caso di Federico Carboni, il 44enne di Senigallia morto a giugno del 2022, primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Ed è il caso di Gloria, 78enne di Treviso malata oncologica, morta quest’anno, il secondo caso in Italia. Le due persone sono state assistite da Riccio. E proprio a Treviso, ‘in casa Zaia’, il concetto si è ulteriormente ampliato. Le terapie oncologiche come forma di sostegno vitale hanno aperto un’altra breccia. «Ma la proposta di legge regionale – Riccio lo ribadisce - non tocca questi aspetti».

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