L'ANALISI
10 Ottobre 2023 - 09:57
CREMONA - "Dieci anni. Ci sono voluti dieci anni per realizzare questo sogno, chiudere anche questo cerchio. Avevo 20 anni quando sognavo di portare Antony, il bambino indiano che ha cambiato la mia vita, a Cremona, tra le vie in cui sono cresciuto, a conoscere la mia famiglia e vedere quant’è bello il mondo al di là delle mura di un orfanotrofio". Inizia così il post su Facebook di Nicolò Govoni, il giovane cremonese fondatore di Still I Rise, organizzazione umanitaria nata con l'obiettivo di offrire istruzione e protezione ai minori profughi e vulnerabili.
E poi: "Ci sono voluti dieci anni e ho dovuto fondare un’organizzazione internazionale, aprire quattro scuole nel mondo ed essere nominati al Premio Nobel per la Pace per acquisire la capacità di infrangere una barriera che, da secoli, divide il Sud dal Nord globale, segregando il mondo dei poveri da quello dei ricchi, degli sfortunati da quello dei privilegiati. Ma ce l’abbiamo fatta, alla fine. Abbiamo portato Doris e Mohammed in Italia, e non a bordo di un barcone o appesi sotto un camion, ma legalmente, con passaporti e visti e una lettera d’invito istituzionale, addirittura. E se ti pare scontato, tutto questo, se ti pare roba da niente, è proprio perché fai parte di quei pochi eletti nati dove la libertà è un diritto e non un lusso, dove svegliarsi la mattina significa routine e non sopravvivenza, e dove il domani è certo e non sarà mai veramente altrimenti, checché se ne dica".
Nicolò Govoni qui dalla sua Cremona: "Ci sono voluti dieci anni di sacrifici, ma alla fine sono riuscito a ottenere il super potere più grande di tutti, più grande dei soldi, della politica e anche della fama: quello di rendere fungibile il privilegio con cui sono nato. Sono nato maschio, italiano, bianco e di classe media, e finalmente ho il potere di trasferire la mia libertà a chi, per colpa non sua, ne è nato privo. E questo, per me, è il traguardo più importante. Vederli liberi, finalmente, di gustarsi un gelato o una pizza, liberi di dormire fino a tardi e fare bagni caldi e ridere ed essere vulnerabili, quasi fossero bambini come tutti, liberi dalla baraccopoli in cui sono cresciuti, dalla povertà che li perseguita, dall’ingiustizia dell’essere profughi o orfani o molto più semplicemente i figli che il mondo era pronto a buttare via - ecco, questo per me è stato impagabile".
Per poi concludere: "È stato uno dei momenti più potenti della mia vita finora. Ed è proprio a questo che dedichiamo la vita: non ai premi o al denaro o alla vana gloria ma al potere di sfidare lo status quo, spezzare le catene dell’ingiustizia e così cambiare il mondo, tangibilmente, un bambino alla volta".
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