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SAN BASSANO

Truffò i clienti in banca: (ri)condannata

Sparirono due milioni di euro dai conti correnti. In Corte d’Appello 6 anni all’ex direttrice Zignani

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

09 Ottobre 2023 - 16:50

Truffò i clienti in banca: (ri)condannata

SAN BASSANO - Direttrice di banca da aprile 1998 a fine febbraio del 2017 — «spinta da una sete di profitto» — truffò molti suoi clienti, soprattutto anziani che di lei si erano fidati. Li truffò, drenando dai conti correnti qualcosa come 2 milioni di euro, i risparmi di una vita delle vittime per assicurarsi una serena vecchiaia. Il tempo passa, nel frattempo, molti reati si sono prescritti. Si è così ridotta da 10 anni, 1 mese e 20 giorni a 6 anni di reclusione la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Brescia (seconda sezione) a Daniela Zignani, ex numero uno del Credito Padano, filiale di San Bassano. Un «consolidato sistema criminoso» con l’appoggio di «una solida rete familiare: la madre, il marito, la sorella, il figlio», aveva scritto il giudice del processo di primo grado. L’impianto accusatorio ha retto nel processo d’appello, al netto dei reati caduti in prescrizione. Un «quadro probatorio granitico», aveva scritto il primo giudice nelle 65 pagine di motivazione della sentenza.

A fine febbraio del 2017, la direttrice si dimise spontaneamente, «apparsa sempre più in difficoltà» durante l’ispezione interna. Storia di moduli in bianco tenuti illegalmente in un armadio, di firme falsificate, di liquidazioni di titoli e di polizze vita finiti su dossier e conti correnti dei familiari della direttrice, ma anche di terze persone ignare. E, attraverso bonifici, sul conto della direttrice Zignani, condannata, anche, a risarcire i danni alle vittime: la banca, parte civile con l’avvocato Gian Pietro Gennari, i correntisti assistiti dall’avvocato Monica Gennari.

«La vicenda è contrassegnata da condotte di assoluto disvalore, protrattesi per moltissimo tempo e che hanno portato l’imputata a conseguire elevatissimi profitti con pari danno per le numerose persone offese», aveva osservato il primo giudice. Ed ancora: «Zignani ha strumentalmente impiegato la propria qualità di direttrice e, prima ancora, di funzionaria, della filiale di San Bassano per indurre in errore persone anziane, vulnerabili e prive di qualsiasi competenza economico-finanziaria (appositamente selezionate come vittime proprio per tali ragioni)». Vittime che, «confidando anche nel legame di amicizia o di parentela, avevano riposto completamente in lei la loro fiducia. L’imputata, invece, specialmente in concomitanza con momenti di criticità delle persone offese (quali lutti, malattie o situazioni di difficoltà personale ) tali da ridurre ulteriormente la loro attenzione sull’andamento degli investimenti, ha tradito la fiducia dei clienti, compiendo operazioni spregiudicate in violazione delle più elementari norme di correttezza nell’attività bancaria». Da queste condotte «è derivato un pregiudizio enorme per i clienti».

Nel 2017, scoperti gli ammanchi durante l’ispezione, il nuovo direttore convocò in banca le vittime. «Persone molto anziane costrette a recarsi in filiale – aveva annotato il giudice - dove, al termine di lunghi incontri, incredule e sgomente, hanno appreso dal nuovo direttore che i risparmi di una vita, destinati a sostenere la loro vecchiaia e ad assicurare la serenità dei loro discendenti, erano svaniti, sottratti proprio da colei che si era presentata come soggetto così preparato ed affidabile».

L’indagine shock sconvolse anche San Bassano. Le truffe «hanno turbato, per le modalità di perpetrazione e l’entità degli importi sottratti, l’intera comunità di San Bassano (piccolissimo centro della provincia cremonese), che da quasi 20 anni vedeva nella direttrice un punto di riferimento per le attività economiche locali, sia l’intera struttura del Credito Padano che, mai nella sua storia, aveva visto verificarsi simili episodi». Ed ancora, «non può tacersi che il compimento di truffe, sino almeno dal 2004, è stata la modalità abituale con cui l’imputata ha gestito i risparmi dei clienti. La posizione di direttrice era divenuta quindi stabile occasione per commettere reati, con una frequenza sconcertante, non appena si creassero le condizioni favorevoli».

Per il giudice del primo processo, «l’intensità del dolo è stata massima», il movente, «la sola sete di profitto come testimoniato dalle tante spese per investimenti (immobiliari e non) compiuti con le somme sottratte ai correntisti».
Una «abituale dedizione alle truffe». La direttrice Zignani «non si è mai pentita». «La condotta successiva al reato non è stata contrassegnata da alcuna resipiscenza, né da proposte di risarcimento alle vittime a cui Zignani avrebbe potuto provvedere con le ingenti risorse sottratte nel corso degli anni». Ed ancora, la direttrice «ha beneficiato di una stabile rete familiare di supporto: la madre, il marito, la sorella, il figlio che, mettendole a disposizione i loro conti correnti, hanno concretamente permesso alle truffe di compiersi, tentando, al contempo, di far apparire una diversa destinazione del denaro».

Non «semplici truffe occasionalmente commesse da un soggetto incensurato». Piuttosto, «un consolidato sistema criminoso, radicato nel tempo, scientemente rivolto ai danni dei clienti più deboli della filiale di San Bassano, che ha condotto l’imputata a conseguire, con condotte spregiudicate, profitti enormi con pari danno per le persone offese, profondamente colpite non solo nel loro patrimonio, ma anche nella loro integrità morale». Niente attenuanti generiche all’ex direttrice. Non le meritò, nel primo processo. Il giudice «non può non ignorare che l’imputata, sia personalmente che a mezzo dei suoi difensori, ha mantenuto, per tutto il corso del giudizio, una linea ostruzionistica, costringendo, a fronte di fatti incontrovertibili, ad una lunghissima attività istruttoria, che non ha portato a nulla di diverso rispetto a quanto non fosse già in atti». Di più. «Devono essere tenute presenti le affermazioni, oggettivamente calunniose, rese dall’imputata nel corso del giudizio». Affermazioni che «rendono ulteriormente evidente la sua negativa personalità».

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