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MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA

«Padre severo, mai picchiato»

Si difende l’uomo accusato dall’ex moglie e dalla figlia 17enne: «Ho fatto tanti sacrifici»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

05 Ottobre 2023 - 18:25

«Padre severo, mai picchiato»

CREMONA - «Ma quale padre padrone. Sì, ero un padre severo. Per la mia famiglia ho fatto tanti sacrifici. Non volevo che mia figlia, diciassettenne, rincasasse tardi la sera. L’ho sgridata, ma non l’ho mai picchiata». Si difende al processo il padre, 44 anni, accusato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate sulla moglie e sulla più grande delle tre figlie, tutte minorenni.

Dal 2007 l’uomo con «abituali e sistematiche» violenze fisiche e psicologiche, quasi sempre dopo aver abusato di alcol e alla presenza delle figlie di 13 e 11 anni, avrebbe maltrattato la moglie e la ragazza diciassettenne. «Stai attenta, che tra pochi anni comincio anche con te», le avrebbe detto. La moglie, invece, sarebbe stata insultata, denigrata e svilita sia come donna che come persona. «Non vali nulla, a comandare sono io, devi stare zitta e davanti a me devi abbassare la testa, qui si fa come dico io e basta».

E ancora, le minacce di morte: «Vedrai cosa vi combino io, se provi a denunciarmi ti ammazzo». Arrabbiandosi di fronte ai rifiuti della moglie, l’avrebbe costretta ad avere rapporti sessuali con lui».

È una escalation di violenze quella già raccontata al processo dalla donna che nonostante le botte prese, in ospedale per farsi visitare non c’era mai andata. C’era andata per un intervento all’addome. Rincasata, il marito l’avrebbe percossa fino a farle saltare i punti. «Non sono stato io a farle saltare i punti. Sono stato io a portarla in ospedale. È successo per colpa della troppa fatica, perché mia moglie che fa la badante, nonostante l'operazione ha continuato a lavorare lo stesso», si difende lui, assistito dall’avvocato Raffaella Buondonno.

avvocato

L'avvocato Raffaella Buondonno

Tra i vari fatti contestati, il 18 luglio del 2021, l’uomo, ubriaco, dopo aver fatto scendere dall’auto la figlia, l’avrebbe presa per il braccio, stringendoglielo forte, trascinandola in mezzo ad un piazzale, in zona Po. L’avrebbe presa per il collo, spingendola contro la macchina, urlandole: «Voi donne siete tutte uguali». «Non è vero. Ero andato a prendere mia figlia appena uscita da un locale. L’ho sgridata perché era tardi. E perché non volevo che la sua amica si fermasse a dormire a casa nostra. Ma non l’ho picchiata». Si tornerà in aula il prossimo 6 febbraio.

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