L'ANALISI
02 Ottobre 2023 - 10:02
Il presidente Giovanni Scotti
CREMONA - Della salute delle case di riposo, bilanci e prospettive, ne parla Giovanni Scotti, presidente dell'Arsac, l'associazione delle Rsa.
Presidente Scotti, come stanno le Rsa cremonesi?
«La questione vera non sono tanto i numeri, quanto capire l’importanza del settore socio - sanitario per il territorio e che le criticità per esso derivano non tanto dai risultati dei bilanci (che si riequilibreranno), bensì dagli orientamenti normativi che prospettano il futuro del settore socio assistenziale».
Bene, intanto il ‘rosso’ prevale in gran parte.
«Nel triennio 2020 - 2022 le Rsa-Rsa hanno dovuto affrontare tre gravi emergenze: l’epidemia di Covid, una legislazione post Covid penalizzante, i forti rincari energetici. Nel frattempo hanno continuato a erogare tutti i servizi alla persona, ampliandoli. Si è fatto fronte alle sofferenze di bilancio del triennio attingendo a risorse interne».
E adesso?
«Il 2023 dovrebbe vedere un progressivo riequilibrio dei bilanci, aiuterà in questo, ma non sarà sufficiente, , l'adeguamento delle rette deliberato a fine 2022. Per avere la certezza di pareggiare i conti avremmo dovuto innalzare mediamente 10 euro al giorno, quando invece tenendo conto dell'impatto sulle famiglie è stato fatto tra i 3 e i 5 euro».
Quali strategie adottare?
«Vi sono inoltre iniziative di collaborazione e coordinamento tra le strutture che aiuteranno a razionalizzare i costi. È invece di evidenza fondamentale che manca ancora da oltre un decennio il già più volte sollecitato adeguamento della quota regionale che viene trasferita alle strutture».
Qual è il peso delle Rsa?
«Il nostro mondo socio - sanitario è parte fondamentale del contesto provinciale, per occupazione, indotto, qualità e quantità dei servizi. Le Rsa/Rsd provinciali forniscono servizi di eccellenza, anche nazionale, con rette molto inferiori alla media regionale».
Sullo sfondo, c’è anche il tema sociale.
«Serve un autentico interessamento al mondo della socio - assistenziale da parte dell'opinione pubblica cremonese - cremasca - casalasca , perché se viene meno il privato sociale presente da oltre un secolo nel nostro territorio, esso verrà sostituito dal privato speculativo. Ne deriverebbe un grave impoverimento del territorio, perché invece di avere strutture legate alle comunità e alle istituzioni locali, i nostri servizi alla persona saranno determinati da privati esterni, magari stranieri».
In pratica, cosa serve?
«Rappresentiamo un asse portante dell’economia, ma anche dell’anima della Provincia di Cremona. Rivendichiamo, dunque, l’attenzione non solo sulle criticità che i bilanci dell’ultimo triennio evidenziano, ma anche sul fatto che siamo un patrimonio delle nostre comunità. Per questo ritengo che le strutture del privato sociale vadano difese, perché la risposta alternativa è il sopravvenire del privato speculativo».
Il suo è un messaggio rivolto anche alla politica?
«Purtroppo ci troviamo a muoverci con una politica strabica nei confronti del privato sociale. Basti pensare che per noi nel Pnrr non ci sono che briciole; si tende in modo ideologico a comprimere la residenzialità scommettendo tutto sulle cure domiciliari, ma se oggi abbiamo liste d’attesa sia nel settore degli anziani che in quello della disabilità, significa che le famiglie hanno l’esigenza di strutture che assistano i propri cari in modo continuativo e competente; senza tener conto che l’assistenza a domicilio richiede maggiori risorse, non solo economiche, ma anche di personale, quando sono già in sofferenza al giorno d’oggi ed ancor più lo saranno domani; inoltre non riuscirà mai a offrire un’assistenza 24 ore su 24».
Il futuro cosa riserverà?
«Già stiamo lavorando come Arsac per cercare di diminuire alcuni costi: ad esempio ci stiamo muovendo come «gruppo d’acquisto» per forniture fondamentali ed onerose come il gas naturale e l’energia elettrica, ma anche, tra alcune strutture, per i medicinali, i servizi di lavanderia, i prodotti per l’igiene. Bisogna però incentivare questa cultura del gestire insieme. Serve poi avere ognuno per la sua struttura la capacità di studiare la migliore organizzazione al proprio interno. Le emergenze, ad esempio, già ci hanno spinto a mettere in pratica la riorganizzazione del personale, a introdurre forme di informatizzazione di alcune mansioni. Si deve continuare in questa direzione».
Saranno possibili nuove fusioni sul modello di quella fra Pizzighettone e San Bassano?
«Non è da escludere, preservando la presenza sul territorio, che ci siano unificazioni . Anche se è chiaro che questa è una riflessione che deve coinvolgere non solo chi oggi ha la responsabilità di guidare le nostre Rsa/Rsd, ma anche il mondo della politica locale e coloro che secondo gli statuti sono chiamati di volta in volta a eleggere gli amministratori delle strutture. Però quando vengono affidate responsabilità bisogna anche avere il coraggio delle decisioni. Mi è stato insegnato che è sbagliato arrivare allo stremo prima di aiutarsi, meglio farlo quando si hanno ancora le forze per procede insieme con passo più stabile e spedito».
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