L'ANALISI
CREMA: LA CITTA' DI CHI NON HA NULLA
29 Settembre 2023 - 05:25
Marco, il 56enne clochard cremasco racconta la sua storia
CREMA - «Mai mi sarei immaginato nella mia vita di dover dormire in una fabbrica dismessa e di dover mangiare tra i ratti, per mesi, dopo essere rimasto senza lavoro». Marco (il cognome ci chiede di non scriverlo per tutelare la sua dignità) ha 56 anni e un diploma di licenza media. La sua storia, che accetta di raccontare, è quella comune a tante persone, che gli eventi della vita hanno messo in mezzo a una strada, senza lavoro e senza casa, lontano dai loro affetti. Clochard per necessità, non per scelta. Marco è nato a Piacenza e circa 25 anni fa ha conosciuto una ragazza cremasca, che ha sposato. «Poi - spiega - io e mia moglie ci siamo separati e io sono andato a vivere in un piccolo appartamento per più di due anni. Lavoravo in un agriturismo e in più facevo le pulizie in una palestra. Con il Covid, queste attività si sono fermate e da un giorno all’altro sono rimasto senza lavoro».
A quel punto, non potendo più pagare l'affitto, l'uomo si è rivolto alla Casa accoglienza Giovanni Paolo II di via Toffetti nel quartiere Sabbioni. «Ci sono rimasto per circa un anno e poi mi hanno buttato fuori».
Marco si è dunque trovato letteralmente in mezzo a una strada. «Inizialmente sono andato al dormitorio pubblico di via Civerchi, ma il 20 aprile ha chiuso, perché è aperto solo nel periodo invernale. In quel momento mi sono sentito completamente smarrito e solo. E' stato in quella situazione che alcuni amici mi hanno invitato nella fabbrica dismessa della ex Canavese, a San Bernardino».
Una soluzione tutt’altro che ideale: «Certo che no, ma che altro potevo fare? Dove avrei potuto andare?».
In quella che è diventata una topaia, Marco è rimasto per cinque mesi. «Mi sono sembrati cinque anni. Un tempo lunghissimo, con giornate che non passavano mai, in un posto triste, brutto, sporco. Eravamo in tredici, tutti senza lavoro. Per mangiare, facevamo il fuoco con la legna e poi facevamo scaldare l'acqua per cuocere la pasta. I soldi erano quelli di qualcuno che percepiva il reddito di cittadinanza. In pratica, mangiavamo quasi sempre pasta... In cinque mesi ho perso 20 chili».
Anche le condizioni igieniche erano estreme. «La doccia la facevamo tre giorni alla settimana – spiega Marco - vale a dire sollo quando la comunità di Bessimo apriva quelle pubbliche. Erano loro a lavarci i panni».
In questo tempo, che gli è sembrata un'eternità, Marco ha cercato una sistemazione dignitosa: « Ho chiesto un alloggio al Comune e alla Caritas, ma senza fortuna».
Tutto questo è andato avanti fino a quando, finalmente, Marco si è trovato da solo un'occupazione. «Non era facile per uno come me che ha soltanto la licenza media e che in più ha 56 anni. Non ti vuole nessuno. Ho fatto domanda di impiego in svariati posti. Da poco lavoro come sorvegliante».
Il peggio, comunque, sembra alle spalle. «Non auguro a nessuno conclude Marco - di passare quello che ho passato io. Ancora non ho una vita normale, ma se penso dov'ero fino a qualche settimana fa...».
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