L'ANALISI
26 Settembre 2023 - 05:20
CREMONA - Che lo si prenda amaro, macchiato, ristretto o corretto, il caffè per gli italiani è una delle poche spese quasi irrinunciabili. Anche se, rispetto al 2021, ci costa complessivamente circa 720 milioni di euro in più all’anno. A dirlo è Assoutenti, che ha studiato com’è cambiato negli ultimi due anni il prezzo della classica tazzina di espresso consumata al bar. Scoprendo che a Cremona i rincari sono stati decisamente più contenuti rispetto ad altre realtà: un +5,6% che va a cozzare con gli aumenti record di Cosenza (+36,4%), Catanzaro (+23,8%) e Pescara (+22%). A Cremona siamo passati da un prezzo medio di 1,08 euro nel 2021 all’1,14 attuale.
Siamo così nella parte bassa della classifica e in Lombardia a costare meno sono solo i caffé di Lodi (1,13 euro) e Varese (1,09). Baristi cremonesi virtuosi, dunque. A livello generico in Italia, rispetto a due anni fa, l’espresso consumato al bar costa mediamente l’11,5% in più: da 1,04 a 1,16 euro. E nonostante i ritocchi percentuali abbastanza alti, in tre città del Sud si può ancora consumare un espresso a prezzi inferiori all’euro a tazzina: Catanzaro, Reggio Calabria, Messina. Quello più ‘salato’ è invece a Bolzano, con una media di 1,34 euro a tazzina. Seguono Trento (1,31 euro), Belluno (1,28 euro), Padova (1,27 euro), Udine (1,26 euro) e Trieste (1,25 euro). La città che ha aumentato di meno i prezzi del caffè negli ultimi due anni è Aosta: solo +2,9% (da 1,05 euro a 1,08 euro). Seguono Lucca (+3,6%) e Cagliari (+3,8%).
Traducendo le percentuali in cifre, e considerato che in Italia le ultime stime parlano di circa 6 miliardi di caffè serviti ogni anno dai 150mila bar presenti sul territorio, possiamo affermare dunque che la pausa tanto cara ai cittadini costa oggi proprio 720 milioni di euro in più rispetto al 2021. Con un giro d’affari per l’espresso che è passato dai 6,24 miliardi di euro a quasi 7 miliardi di euro.
Se a Cremona possiamo ritenerci fortunati perché, dati alla mano, il caffè sembra costare meno che altrove, non dobbiamo comunque sottovalutare le ragioni degli aumenti generalizzati registrati.
«Prima il caro-bollette che ha portato ad una impennata dei costi per i pubblici esercizi, poi i rincari delle materie prime spinti dallo scoppio della guerra in Ucraina – spiega il vicepresidente di Assoutenti, Gabriele Melluso –: hanno determinato sensibili aumenti per le consumazioni nei bar italiani. Incrementi dei listini che non sono rientrati nonostante la fine dell’emergenza energetica e quotazioni del caffè meno proibitive. Un danno evidente per le tasche dei 5,5 milioni di italiani che tutti i giorni fanno colazione nei bar dislocati sul territorio, e per tutti quei cittadini che, nell’arco della giornata, non rinunciano alla classica pausa-caffè». E neppure al primo della giornata, non a caso si dice che «non esiste buongiorno che non porti con sé il profumo dell’espresso».
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