L'ANALISI
16 Settembre 2023 - 22:30
Sul palco i rappresentanti delle aziende premiate dai vertici della Libera Artigiani
CREMA - La memoria e il segno del bello che scrive il futuro: i 70 anni della Libera Associazione Artigiani di Crema, celebrati oggi nella sede dell’associazione, racchiudono il senso di quel «lavoro ben fatto» che è e continuerà ad essere il fondamento della cultura artigiana. Insieme al presidente Marco Bressanelli, al direttore Renato Marangoni e agli artefici (di ieri e di oggi) dei successi della Libera c’erano trecento invitati. Tra cui i rappresentanti delle altre associazioni provinciali di categoria: il past president della Libera Agricoltori Cremonesi Riccardo Crotti, il presidente dell’Associazione Industriali Stefano Allegri e quello della Cna Marcello Parma.
Il segnale più eloquente della coesione interprofessionale che è il tratto distintivo del sistema produttivo territoriale. Anche la politica non ha fatto mancare la sua presenza: in platea, tra gli altri, l’europarlamentare Massimiliano Salini, l’onorevole Silvana Comaroli, i consiglieri regionali Marcello Ventura, Matteo Piloni e Riccardo Vitari, il presidente dell’Area omogenea cremasca Gianni Rossoni.
In apertura, il direttore del giornale ‘La Provincia’ Paolo Gualandris, conduttore della serata, ha sottolineato come l’artigianato giochi «un ruolo fondamentale nel rapporto tra mondo locale e globale» e sia «espressione di un saper fare attraverso cui, per via familiare o per apprendistato, si tramandano tecniche di lavorazione che hanno un valore simbolico e nel contempo pratico» perché «il prodotto non è solo materia assemblata, ma anche esempio di innovazione e creatività, frutto di sapienza maturata con l’esperienza sposata a capacità di gestione delle più moderne tecnologie».
Il tema dell’innovazione, intrecciato a quello del ricambio generazionale, è stato affrontato anche dall’assessore regionale allo Sviluppo economico Guido Guidesi: «I dati ci dicono che l’artigianato non ha appeal sui giovani. Probabilmente perché non lo stiamo presentando nel modo giusto alle nuove generazioni: la narrazione del lavoro artigiano deve essere storia di ingegno, di sperimentazione e di ricerca. Degli artigiani non possiamo fare a meno, anche perché l’industria lombarda che vince la sfida della competizione internazionale ha alle spalle la grande e insostituibile comunità artigiana. Noi siamo la Lombardia e, giocando di squadra, saremo in grado di anticipare e influenzare i cambiamenti».
E il sindaco di Crema Fabio Bergamaschi ha aggiunto: «Il luogo in cui ci troviamo, ricavato in uno dei capannoni della ex Olivetti, testimonia in maniera plastica come la distintività di un territorio passi attraverso le capacità di distinguersi delle categorie imprenditoriali ed economiche. Qui cancelleremo la parola ‘ex’ e la sostiuiremo con ‘nuovo’, perché proprio in questo complesso nascerà il polo della formazione professionalizzante, ideato per offrire una didattica post diploma che sappia rendere interessante e stimolante l’opzione del lavoro artigiano, che traduce in saper fare il sapere intellettuale».
Sul palco sono intervenuti anche il past president della Libera Artigiani Giuseppe Capellini, che ha riannodato i fili del passato a quelli del domani rilanciando l’appello all’unità territoriale, il presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio, che ha richiamato l’importanza del dialogo fra associazioni, sistema camerale e Regione, e il segretario regionale di Casartigiani Mauro Sangalli, che ha evidenziato il ruolo centrale delle imprese che «costruiscono il Paese rischiando sui sogni». Infine, il vicario generale della Diocesi di Crema, don Attilio Premoli, ha portato il saluto del vescovo monsignor Daniele Gianotti, che ha augurato all’associazione «un futuro lungo e ricco».
«Siamo la nursery delle giovani imprese, ma siamo anche il punto di riferimento per chi è con noi da decenni. Non siamo degli illusi, siamo dei sognatori e sappiamo che sono i sogni che mandano avanti il mondo. In questi anni difficili, tra pandemia, guerra, speculazioni finanziarie, aumento dei costi delle materie prime, non ci siamo mai arresi. Andiamo avanti, grazie ai nostri soci e alle nostre socie, il vero motore dell’associazione. Per merito loro siamo qui a celebrare i 70 anni di vita della Libera». Con orgoglio e soddisfazione del presidente Marco Bressanelli, hanno percorso il lungo cammino dell’associazione, dal 1953 ad oggi.
«I nostri 43 soci fondatori scelsero uno statuto che aveva come obbiettivo unire gli artigiani per dare loro forza e incisività in quell’Italia del dopoguerra. Da allora la Libera non ha mai smesso di crescere nei numeri e soprattutto nella consapevolezza di essere responsabile della crescita dei propri imprenditori e del nostro territorio. Da allora sei presidenti mi hanno preceduto uomini non comuni, che una volta eletti si sono dedicati con grande altruismo e tenacia alla crescita e all’evoluzione dell’associazione. Evoluzione obbligata dalle esigenze delle imprese in crescita e del mercato». Tanti i passi in avanti, quattro cambi di sede sino all’attuale, iconica e funzionale, voluta dall’attuale past president Giuseppe Capellini. Fondamentale il recupero dell’area Olivetti.
«Nel 1995, una felice intuizione dell’allora presidente Pierangelo Vacchi – ha proseguito Bressanelli – poi la Libera socio fondatore di REI Reindustria innovazione, agenzia d’area del territorio nella quale siamo ancora parte attiva». Gli artigiani nei decenni hanno imparato a non mollare mai: «Nessuna previsione degli esperti sia nei tempi che nelle dimensioni, dalla crisi economica del 2001 in poi si è rilevata centrata – ha sottolineato Bressanelli –: la conseguenza, nessuno del nostro mondo può sentirsi tranquillo sul futuro se non pensa di far parte di un gruppo in grado di affrontarne mutualmente le variabili. Importante è trasmettere questo principio, che purtroppo sentiamo vivo solo quando siamo difficoltà. Meno individualismo significa più forza». Nel discorso del presidente anche lo spazio per il ricordo di chi non c’è più.
«Mario Bettini che prima di essere eletto presidente lombardo e vicepresidente nazionale della confederazione è stato per alcuni anni segretario della Libera, anche a lui dobbiamo molto». Infine lo sguardo al presente e al futuro: «Siamo orgogliosi di essere parte attiva della Camera di commercio di Cremona e, unitamente ai colleghi e le colleghe delle associazioni datoriali della provincia, di aver creato Assieme, gruppo che parla ad una voce univoca sui temi importanti. Siamo presenza attiva nei tavoli dell’ATS MasterPlan 3C di cui riconosciamo sin dalla sua redazione la validità di analisi e le volontà di sviluppo sostenibile e necessario del territorio. La Libera continuerà a portare le istanze a tutti livelli di rappresentanza».
Non poteva esserci celebrazione di un anniversario così importante senza premiare chi in questi anni ha fatto grande la Libera Artigiani. I soci, innanzitutto, da quelli storici a quelli che sono appena entrati. Ma anche i dipendenti, chiamati sul palco dal direttore Renato Marangoni che, insieme al presidente Marco Bressanelli, ha avuto sentite parole di ringraziamento e di elogio per il personale. Il momento della serata dedicato alla consegna dei riconoscimenti è stato preceduto da un video in cui diversi artigiani, appartenenti a tre generazioni, hanno raccontato cos’è la Libera per loro, in cosa li aiuta e sostiene e quali sono le aspettative per il futuro. L’associazione è stata definita «un punto di incontro», a sottolinearne la portata umana, la vicinanza non solo tecnica a chi fa impresa e si mette in gioco ogni giorno.
«Un servizio fondamentale per capire come muoversi, cosa fare, per essere aggiornati e avere chi ti aiuta a risolvere i problemi», hanno raccontato gli artigiani. Per qualcuno di loro si avvicina il momento della pensione, altri sono solo all’inizio. C’è chi sa già che l’azienda non avrà un futuro, per mancanza di eredi, e chi invece ha scommesso sui giovani, creando in casa i nuovi talenti. Per tutti la chiamata sul palco è stata motivo di orgoglio. Una tappa importante di un percorso personale, familiare e imprenditoriale. L’emozione di essere tra i protagonisti di una storia che va avanti da 70 anni. Trattandosi di un compleanno non potevano mancare gli auguri alla festeggiata, da parte degli stessi artigiani.
L’auspicio è che la Libera sia sulla breccia anche tra 30 anni, per tagliare il traguardo del secolo di vita, come ha ricordato lo stesso presidente Bressanelli. Altrettanto emozionante è stato il momento della chiamata sul palco dei dipendenti. Una gratificazione accolta dall’applauso della platea. Per chi vive l’associazione ogni giorno, chi lavora dietro una scrivania è un volto amico, oltre che una figura professionale su cui fare affidamento. L’importanza dei rapporti umani l’hanno ricordata molti dei protagonisti della serata e la cena di gala che ha seguito le premiazioni l’ha dimostrato. Fianco a fianco associati e personale. Il piacere di ritrovarsi a tavola, condividere un percorso completato insieme e che prevede ancora un lungo cammino.
L’esibizione di Lucio ‘Violino’ Fabbri — preceduta dall’intervento musicale di Alessandro Lupo Pasini — è stata uno dei momenti clou della serata. Accompagnato dalla sua band, Fabbri ha proposto grandi successi di cantautori coi quali ha collaborato in carriera, da Vecchioni a Dalla sino a De André. La storia di Fabbri è legata a doppio filo a quella della Libera Artigiani, perché mamma Maria Lepre nel 1953 fu tra i soci fondatori dell’associazione.
Specializzata in abiti d’alta moda e da sposa, lavorava per gli stilisti di Milano ed era di casa in via della Spiga. Era arrivata ad avere 60 dipendenti. Tutto era cominciato nell’immediato Dopoguerra, quando nel salone di casa Fabbri, nel centro della città, Maria aveva aperto quello che oggi sarebbe un corso di alta specializzazione, un Its: una scuola di taglio e cucito per ragazze.
«Ero un bambino – ha raccontato Fabbri – e ricordo che nei primi anni dell’associazione, le riunioni si facevano proprio nel salone di casa adibito a laboratorio». Negli anni del boom economico l’attività era cresciuta e la famiglia si era trasferita in una casa più grande con annesso atelier nel quartiere di Crema Nuova. L’azienda si chiamava Flam, dalle iniziali dei miei, Fabbri Lepre Amedeo Maria. Mia mamma è andata avanti sino alla fine del secolo scorso. Chissà, se io o mio fratello avessimo avuto interesse per la moda, l’azienda avrebbe potuto arrivare sino ad oggi. Ma abbiamo preso strade molto diverse».
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