L'ANALISI
16 Settembre 2023 - 05:15
CREMONA - «Mancano ancora i dati ufficiali, ma ho il timore che anche nel Cremonese ci sia una disaffezione alla professione e, di conseguenza, una diminuzione delle iscrizioni a Infermieristica». La preoccupazione di Enrico Marsella, presidente dell’Ordine degli infermieri della provincia di Cremona, è avvalorata dal dato nazionale, -10%, e in particolare da quello del Nord Italia, -12,6% di iscritti alla facoltà. «Una disaffezione – prosegue – che interessa anche altre professioni sanitarie, come i fisioterapisti. Il 2021 e il 2022 sono stati i primi due anni in Italia in cui i laureati medici hanno superato quelli che hanno conseguito il titolo in infermieristica. Il motivo? Da tempo noi lo ribadiamo. Questa professione, che ha una formazione importante e specialistica, sia in ambito manageriale sia clinico, non offre corrispondenti prospettive di carriera. Oggi come oggi chi entra nel servizio sanitario nazionale, dopo 40 anni, se resiste, va in pensione con uno stipendio finale che beneficia solo degli scatti di anzianità».
L’Ordine chiede alle istituzioni un radicale cambio di rotta. «Al netto di un adeguamento degli stipendi, sicuramente necessario per evitare di trovarsi un servizio sanitario nazionale senza gambe – prosegue Marsella – ci devono essere prospettive di avanzamento di carriera. Ci sono diverse discipline che permettono all’infermiere una ulteriore specializzazione, tramite master e corsi post laurea. Ma anche con questi titoli in tasca, non sono previsti adeguamenti della posizione. Ci troviamo con figure in area critica o salute mentale che hanno un’importante formazione specialistica, ma che rimangono comunque semplici infermieri. Evidente che questa situazione finisca con lo scoraggiare chi vuole intraprendere la professione».
Nessuno pretende la luna sin dal principio, ma ci devono essere opportunità. «Ci sono tanti settori dove lo stipendio d’accesso di un neo laureato è basso – prosegue il presidente – ma le prospettive di carriera sono ben diverse. Motivazioni, sacrifici, formazione, portano ad avanzamenti».
Negli ultimi tempi, l’Azienda socio sanitaria territoriale di Cremona ha distribuito incarichi specialistici nell’area di assistenza. «Un barlume di speranza, ma si tratta di iniziative a macchia di leopardo che certo non cambiano lo stato delle cose. Bisogna che il sistema sanitario nazionale venga riformato, per prevedere queste differenziazioni, senza lasciare tutti sullo stesso piano, come avviene oggi».
A creare difficoltà al reperimento di infermieri nelle strutture socio sanitarie è anche un altro fenomeno, presente soprattutto nei territori di confine, dunque anche in Lombardia. «I cosiddetti frontalieri, figure competenti e specializzate che vivono a Como o Varese e fanno gola agli ospedali svizzeri. Vanno a lavorare oltre confine, portando a casa stipendi molto superiori a quelli italiani. Un comportamento assolutamente comprensibile».
Senza un cambio di prospettiva non si potrà modificare questo stato di cose. «Il riconoscimento sociale della nostra professione passa anche attraverso il compenso economico.- conclude Marsella –: la nostra non può solo essere una missione, ma deve essere anche un lavoro. Paghiamo quel luogo comune che ci vede quasi come volontari. Invece, siamo figure che hanno il mandato dello Stato di mettere le mani sulla salute del cittadino talvolta sulla vita stessa. E, senz’altro, queste responsabilità vanno retribuite adeguatamente. Infine, riguardo all’autorizzazione a esercitare, l’Ordine vigila sull’abilitazione dell’infermiere, in quanto noi siamo un ente sussidiario dello Stato che ci dà questo ruolo. Grazie a questo nostro compito, il cittadino può essere tranquillo: chi arriva in corsia è una figura competente».
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