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PROSPETTIVE E PROBLEMI

Lavoro: necessari nuovi ingressi, ma mancano 3.686 giovani

Negli ultimi dieci anni la popolazione 15-34 anni è calata del 5% in provincia di Cremona. Emerge il fenomeno dei 'neet'

Elisa Calamari

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redazioneweb@laprovinciacr.it

10 Settembre 2023 - 05:15

Lavoro: necessari nuovi ingressi, ma mancano 3.686 giovani

CREMONA - Negli ultimi dieci anni in provincia la popolazione giovanile (15-34 anni) è calata del 5%, in termini assoluti si tratta di 3.686 giovani in meno. Effetto della denatalità che va avanti ormai da decenni, con conseguenze che si ripercuotono e si ripercuoteranno inevitabilmente sul mondo del lavoro. Anche se, a Cremona, il fenomeno pare incidere meno rispetto al resto dell’Italia.

LO STUDIO


L’ultimo studio della Cgia di Mestre parla di un calo di quasi un milione di giovani nel Belpaese, che sta arrecando grosse difficoltà alle aziende: molti imprenditori faticano ad assumere personale, non solo per lo storico problema di trovare candidati disponibili e professionalmente preparati, ma anche perché la platea degli under 34 pronta ad entrare nel mercato del lavoro si sta progressivamente riducendo.

Insomma, la crisi demografica sta facendo sentire i suoi effetti e nei prossimi anni la rarefazione delle maestranze è destinata ad accentuarsi ulteriormente. Entro il 2027, sempre secondo la Cgia, sarà necessario ‘rimpiazzare’ quasi 3 milioni di addetti prossimi alla pensione: nei prossimi 5 anni circa il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per avere raggiunto il limite di età. Ma i giovani che dovrebbe sostituirli a quanto pare non bastano.

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LE ESIGENZE LOCALI


Senza allontanarsi troppo nel tempo, già entro la fine di settembre nella nostra provincia si stimano 2.870 potenziali ingressi lavorativi (rilevazione del sistema informativo Excelsior di Unioncamere) che dovrebbero diventare addirittura 7.770 entro la fine di novembre. Ben il 64,9% di queste esigenze professionali del territorio riguarda il settore dei servizi, segue l’industria con il 35,1%. E, complessivamente, si stima che circa il 30% di questi nuovi contratti professionali riguarderà proprio under 34. Intanto, nel Cremonese il tasso di disoccupazione giovanile — dato tratto dall’Osservatorio della Provincia — resta tra i più bassi in Lombardia: 14,3% nel 2022 (era 9,1% nel 2021) contro una media regionale del 16,4% e italiana del 23,7%.

IL CALO DEMOGRAFICO


Il calo demografico provinciale nella fascia 15-34 anni, pur essendo marcato, incide evidentemente meno che altrove. Basti pensare che nel Sud Sardegna dal 2013 al 2023 la riduzione è stata quasi del 27%. Restando in Lombardia, però, il nostro territorio è fra quelli con la maggiore riduzione di popolazione giovanile, preceduto solo da Sondrio dove in dieci anni è stato registrato un -5,2%.

Meglio di Cremona ci sono Mantova (-4,5%), Lodi (-4%), Varese (-3,5%), Lecco (-3,2%), Brescia (-2,7%), Pavia (-2,4%), Como e Bergamo (-2,2%). Ci sono poi le città dove si registra addirittura una inversione di tendenza, essenzialmente per effetto della migrazione dal Sud o da altre città italiane: Monza e Brianza nel 2023 registra infatti un +0,2% di giovani, mentre Milano addirittura un +7,3% che in valore assoluto significa ben 45.124 giovani in più rispetto al 2013. E in questo numero si può ipotizzare rientrino anche tanti cremonesi, che hanno spostato la residenza nel capoluogo di regione per motivi di studio o lavoro. Lo stesso discorso può valere per la vicina Piacenza, che ha registrato un +0,9% di giovani negli ultimi dieci anni.

LE CONCLUSIONI DELLA CGIA


La Cgia di Mestre lancia infine un allarme a livello nazionale: «Oltre ad avere pochi giovani, il tasso di disoccupazione e l’abbandono scolastico sono elevati. Insomma, i giovani italiani sono in calo, con un livello di povertà educativa allarmante e lontani dal mondo del lavoro. Un responso che emerge in maniera evidente quando ci confrontiamo con gli altri Paesi europei. È un quadro desolante che rischiamo di pagare caro se, come sistema Italia, non torneremo ad aumentare il numero delle nascite, a investire maggiormente nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale».

L’analisi si conclude con un riferimento ai lavoratori stranieri: «Alla luce della denatalità in corso nel nostro Paese, appare evidente che per almeno i prossimi 15-20 anni dovremo ricorrere stabilmente anche all’impiego degli extracomunitari», si legge sul report. Soprattutto per dare risposta alle esigenze professionali delle aziende. Solo in Lombardia, entro fine settembre, Unioncamere stima una potenziale ‘entrata’ di 121.640 lavoratori.

E POI CI SONO I NEET

Il tasso di disoccupazione giovanile provinciale è l 14,3%, ma ad allarmare maggiormente è un altro parametro: il numero di quanti né lavorano né studiano. Stiamo parlando dei cosiddetti neet, vale a dire persone di età compresa fra i 15 e i 29 anni che hanno abbandonato banchi e libri (pure nell’età dell’obbligo scolastico) senza inserirsi in alcun percorso lavorativo o formativo.

Stando ai dati Istat, elaborati dalla Provincia di Cremona, nel 2018 rappresentavano il 16,4% dei giovani, sono saliti al 17,2% nel 2019 e al 23% nel 2020 (probabilmente anche per effetto del Covid) per riscendere poi al 17% nel 2021 e infine arrivare al 16,2% del 2022. Pur essendoci un piccolo calo del fenomeno, dunque, è da registrare che la nostra provincia ha dati superiori rispetto alla media lombarda: in regione i neet rappresentano infatti il 13,6% dei giovani.

Ad evidenziare il problema del binomio giovani-lavoro era stato nelle scorse settimane, proprio su queste colonne, anche il presidente dell’Associazione industriali di Cremona Stefano Allegri: «La platea di giovani lavoratori disponibili è sempre più esigua – aveva osservato –. Secondo le previsioni Istat, in Italia i giovani fra i 15 e 34 anni passeranno dagli attuali 12,1 milioni agli 11,7 del 2032, con un calo del 3,9 per cento. Tra l’altro una ripresa della natalità richiede politiche di lungo periodo, i cui esiti si potranno vedere solo nell’arco di qualche decina d’anni. Tra le criticità si aggiunge l’assenza di un sistema di orientamento scolastico e professionale degno di tale nome».

A spiegare cosa fanno le istituzioni nel tentativo di invertire la rotta è l’assessore del Comune di Cremona Maura Ruggeri: «Partiamo da una premessa: il tasso di disoccupazione giovanile a Cremona è più basso rispetto ad altre realtà. Ma in effetti registriamo una dispersione scolastica anche prima della maggiore età, che tentiamo di intercettare e prevenire innanzitutto attraverso il nostro Informagiovani che fornisce un valido orientamento non solo nella fase post-diploma, ma anche direttamente a scuola e in famiglia. C’è anche una parte importante di supporto psicologico – aggiunge –, alla ricerca delle motivazioni che possono portare all’abbandono scolastico. Fragilità che abbiamo registrato specialmente dopo la pandemia, e i dati ce lo confermano».

Ruggeri spiega inoltre che, anche grazie a finanziamenti ministeriali finalizzati proprio alla lotta contro la dispersione scolastica, vengono messe in campo azioni che coinvolgono terzo settore e cooperative. Poi c’è la Scuola di seconda opportunità: «Dà ai ragazzi che hanno avuto particolari difficoltà scolastiche, specialmente adolescenti, la possibilità di riprendere gli studi e rimettersi in gioco. Si tratta di una realtà sperimentale che a Cremona abbiamo riattivato dopo la pandemia e che nell’ultimo anno scolastico ha coinvolto una quindicina di ragazzi. Un’attività portata avanti in sinergia con il settore Sociale».

Non si tratta solo di garantire formazione, specifica l’assessore, ma anche di motivare i giovani investendo sulle loro qualità, sulla loro crescita. E quindi sul futuro. Nel tentativo di ridurre ulteriormente la percentuale dei cosiddetti neet e di formare lavoratori capaci.

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