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CREMONA: IL LUTTO

L’ultimo saluto a Mike: «Paperone di umanità»

Sant’Agostino affollata di amici per i funerali del mastro birraio, colonna della Fabbrica di Pedavena, strappato alla vita da un male inesorabile

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

29 Agosto 2023 - 17:43

funerali Mike Barbieri

CREMONA - «Siamo qui davvero in tanti, oggi, perché in tanti lo hanno conosciuto, stimato e amato. Se la ricchezza vera di una vita sono le relazioni che si riescono a creare, Michele è stato davvero un Paperone di umanità. I suoi amici sono il vero patrimonio della sua vita», dice don Attilio Cibolini che per lettura del Vangelo, non a caso, ha scelto la parabola del buon samaritano. Undici di oggi 29 agosto. Sant’Agostino è affollata di amici per l’ultimo saluto a Michele Mike Barbieri, 58 anni, mastro birraio, colonna della Fabbrica di Pedavena, strappato alla vita da un male inesorabile. Una ondata di affetto travolge i fratelli Nicola, Laura, Ilaria, i familiari di Mike nella chiesa dove don Cibolini concelebra la messa con don Attilio Arcagni, don Irvano Maglia e Davide Fieschi, frate che di Mike è stato compagno di classe al liceo scientifico Gaspare Aselli.

Rose e gerbere bianche per Mike in Sant’Agostino, poco distante da via Colletta. Lì un tempo c’era la sede degli scout. Ed è lì, «in quella sede (ora) decrepita, ma ricca di impegno e di entusiasmo», che il don conobbe il piccolo scout Michele. «Michele era proprio il ritratto dell’esploratore che è sempre di buon umore. E che si arrangia a far di tutto — dice il don —. Un tratto che avrebbe caratterizzato tutta la sua vita». Un vita, la sua, che si è via via riempita di amici. O meglio, Mike ha saputo riempire la vita di chi ha incontrato nel suo cammino. Lo ha fatto con umiltà, generosità, intelligenza, simpatia, signorilità. Ne aveva molte di qualità, Mike. Impossibile raccontarlo tutto. «Era facile sentirlo amico. Se lo incontravi, lo diventavi subito - prosegue il sacerdote -. Venivi catturato subito con la sua faccia sorridente, le sue battute, la sua ironia. Poi, avevi modo di apprezzarne la sua signorilità e gentilezza, la bontà, la positività». Si rivolge a Mike, il don: «Mi sembrava sempre più di vedere in te la copia esatta del papà Andrea, la stessa estrosità, la stessa imprevedibilità, la stessa simpatia e il grande calore umano».

Si commuove Nicola, «il fratellone Nik», studi filosofici e pedagogici, che «da professore abituato a dare una lezione agli altri, mi ritrovo a imparare una lezione da te». La lezione «delle tracce che hai lasciato in tutte le persone che ti hanno conosciuto, anche solo solo sfiorandoti nell’atmosfera chiassosa di una serata di festa». Le stesse «che adesso stanno inondando la rete, che affollano questa chiesa e che continueranno a ricordarti com’eri, a pensare che ancora vivi e che come allora sorridi». Ora, «io, Laura e Ilaria con le nostre famiglie, i cugini, con le nostre mogli, mariti, compagni, con i nostri figli, con tutti i tuoi nipoti passeremo del tempo a prendere atto di tutte queste tracce nelle foto, nei video, nei messaggi, negli audio».

Testimonianze «che hanno lasciato i tuoi compagni di scuola delle elementari al liceo scientifico, gli studenti universitari pavesi, gli amici dell’infanzia e dell’adolescenza come quelli della Baldesio e di Marilleva, gli scout del Cngei, i volontari della Croce Rossa di Pavia, i ragazzi educatori dei centri estivi, i compagni delle squadre di calcio e di baseball in cui tu hai militato, i condomini di via Bertesi e di via Cadore, i colleghi di lavoro della Centrale della Birra, del Fermento a Milano e della Fabbrica di Pedavena, gli amici e le amiche conosciuti ovunque tu fossi». Tutti «hanno voluto lasciare un ricordo, una parola, una immagine, un segno della tua gioiosa presenza nella loro vite. Il Mike che conoscevamo noi e che adesso non c’è più è diventato una realtà aumentata da tutte queste testimonianze». Si commuove Nik: «Rimani con noi così, Mike, come sei stato».

Il ricordo di Alberto Gnocchi, amico fraterno: «Caro Mike, ci siamo conosciuti nel 1975 negli scout. Era facile diventarti amico. Non c’è fase che io non ricordi della tua vita, in cui tu non sia stato presente: dopo gli scout, il liceo Aselli, poi l’università a Pavia, le serate con gli amici, le partite di calcio (eri un portiere temerario) , alcune vacanze estive. La prima cosa che ho ammirato di te è la tua contagiosa simpatia, la prima cosa che balzava all’occhio, la capacità di fare un affresco di una situazione, di una persona con una battuta. Il tuo lato ironico, autoironico, la sensibilità e l’umanità che trasmettevi. Sapevi sempre esprimere i tuoi sentimenti». L’amico parla delle «due anime» di Mike: «Il gioco, lo scherzo, ma anche l’afflato, il sentimento. Hai sempre avuto un rapporto speciale con quelli più piccoli di te, i bambini o gli adolescenti, che è una cosa non scontata. Ti sei proprio guadagnato con molta spontaneità tutto l’affetto che ti portiamo. E se devo trovare un collante della nostra compagnia, delle nostre amicizie, sei proprio tu».

Il ricordo dell’amico fraterno Marco Turati: «È durissima parlare di una amicizia cominciata agli inizi degli anni Ottanta, passata attraverso forme diverse e fasi alterne. È durissima. Negli ultimi due giorni, i nostri telefoni i social, i quotidiani locali si sono riempiti dell’amore per Mike, dei ricordi con lui e dell’affetto che ciascuno di noi ha ritrovato nei propri cuori per lui. E per qualcuno può essere stata una sorpresa. Per noi amici di sempre no. Scout, calcio, sciate, vacanze, feste: ovunque, lui era nell’epicentro. Si usciva in macchina in compagnia, ma nessuno si sarebbe mai sognato di non passare a prendere Mike. Senza Mike non era serata. E questo perché Michele aveva due qualità: era simpatico, irresistibilmente divertente; ho conosciuto pochissime persone dotate di un talento innato a far ridere con una sagacia, una ironia, intelligenza mai volgare che gli sgorgava naturale, istintiva da sempre. Genio e sregolatezza. Gimbo Tamberi adesso fa il divo in televisione, saltando ai Mondiali di Atletica con la barba mezza fatta e mezza no. Dovrebbe pagare le royalty a Mike Barbieri che suonava così e forse anche a scuola veniva così. Un uomo così non poteva che scegliere di praticare con maestria una delle professioni, in cui è possibile mostrare il suo talento: l’oste. Le competenze di Mike sui vini, whisky, cocktail, soprattutto sulle birre non si trovano tanto facilmente in una sola persona. Lo abbiamo visto tutti all’opera, un vero fuoriclasse».

«E, tuttavia - continua -, questa sua vena istrionica rappresentava uno degli strumenti per nascondere un poco la sua fragilità, per mascherare la sua timidezza, la sua malinconia, le sue paure più profonde, a volte il suo senso di inadeguatezza. Oltre che simpatico, Michele era davvero buono, un pezzo di pane, a volte al limite dell’ingenuità, un puro. La giacca della bontà che spesso si fa indossare a chi non c’è più, nel caso di Michele rappresenta la sua cifra. In una fase storica in cui bisogna essere competitivi, vincenti, sgomitare, guadagnare un euro in più, salire un gradino in più nella scala sociale, dove l’io conta più del noi, ecco, Mike era l’emblema vivente di quanto più distante si possa vivere da quella subcultura. Mike produceva comunità, spirito di squadra, era un uomo di gruppo, tutto l’opposto dell’individualismo, della protervia, dell’arroganza. Mike era gentilezza, accoglienza, rispetto, tolleranza, generosità spontanea e disponibilità. Nessuno di noi ce la farà a rinchiuderti lì dentro (nella scatola di legno). Ci sono due cose che possiamo fare per farti evadere da quella scatola. La prima: trarre davvero insegnamento dal tuo carattere, provare ad essere un po’ tutti un po’ più gentili, generosi, più auto-ironici. La seconda: provare a coltivare più relazioni, provare a pensare un po’ meno all’orto privato e un po’ di più a quel giardino pubblico che sono le comunità in cui viviamo».

Il frate Davide Fieschi, compagno di classe al liceo scientifico Gaspare Aselli di Mike. «Per la mia fede, è un arrivederci, non un addio in senso generico. Di Michele mi hanno colpito molto la sua amicizia, la sua nobiltà d’animo, la sua signorilità innata: troppo nobile per parlar male di qualcuno, troppo nobile per non perdonare chi lo ha fatto soffrire. La cosa più preziosa della vita sono le relazioni e Michele ce ne ha dato prova. Il mio grazie a Michele per l’amore che hai lasciato nei nostri cuori».

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