L'ANALISI
29 Agosto 2023 - 05:10
SAN MARTINO DEL LAGO - «Hanno realizzato una pista ciclabile su un terreno di mia proprietà senza dirmi nulla». Questa, in sintesi, è l’accusa che una residente di San Martino del Lago muove al Comune, attraverso un ricorso al Tar presentato dall’avvocato Paolo Antonini di Casalmaggiore. L’amministrazione pubblica, dal canto suo, ribatte che tutto è stato fatto secondo le regole, perché l’area utilizzata per realizzare l’opera — a fianco della strada che collega la Giuseppina al centro di Ca’ de’ Soresini, lungo la provinciale 70 — è demaniale, quindi pubblica. Versioni contrapposte, che i giudici amministrativi si troveranno a risolvere inoltrandosi in vecchie carte del catasto. Non sembra una questione del tutto semplice da dirimere. La proprietaria ha chiesto di annullare l’ordinanza con cui è stato dato il via all’occupazione dei terreni e all’esecuzione dei lavori e anche di una delibera di giunta del 25 ottobre scorso che ha approvato una variante al progetto definitivo esecutivo.
Nel suo ricorso ha fatto presente di aver riscontrato, il 15 febbraio dello scorso anno, «l’esecuzione di lavori di sbancamento nell’alveo del fosso di sua proprietà con accumuli (non autorizzati) di materiali sui suoi terreni». La ricorrente lamenta di non essere mai stata resa partecipe del progetto. Ha anche diffidato il Comune dal proseguire, ma dall’ente locale è stato ribattuto che «le opere in esecuzione non prevedono l’occupazione di aree private». Su questo aspetto si gioca tutta la questione: aree private o pubbliche? La signora sottolinea che «a causa dell’alterazione dello stato dei luoghi avvenuta con i lavori di sbancamento effettuati e in seguito alle piogge dell’autunno inverno 2022-2023 si sono verificati allagamenti e ristagni d’acqua» nei terreni di sua proprietà.
Il 6 dicembre scorso ha intimato «l’immediata rimozione di ogni ostruzione al libero scolo delle acque» con la segnalazione del «pericolo di caduta di alberi le cui radici restavano completamente allagate e sommerse dall’acqua», ma il tutto è rimasto senza riscontro. La proprietaria lamenta un «pregiudizio irreparabile dell’utilizzo agronomico» dei suoi terreni, che lei sostiene estendersi «sino alla strada comunale per Ca’ de’ Soresini (ora provinciale 70) oltre il cavo abbandonato del Dugale Cingia».
La questione insomma verte proprio intorno a chi sia o meno proprietario dell’area. Dal Comune si ribadisce che la pista ciclabile è stata realizzata su zona demaniale, corrispondente al vecchio tracciato del canale Cingia. La signora invece ritiene che il Comune abbia agito «in spregio ai più elementari fondamenti del diritto di proprietà» e sostiene che l’ente locale «non ha mai operato alcuna verifica sulla proprietà di detto bene, limitandosi a chiedere al Consorzio di Bonifica Dugali di chi fosse detto fosso, senza peraltro ottenere alcun riscontro». La parola ora passa ai giudici amministrativi.
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