L'ANALISI
27 Agosto 2023 - 05:30
«Papà che schifo, questo non è un Paese dove potersi realizzare». Ci voleva una quattordicenne per scoprire che il re è nudo. Anzi: che a essere non metaforicamente seminuda è la ‘regina’, ricoperta di cioccolato ed esibita sul tavolo del buffet al pubblico degli ospiti di un resort in Sardegna, a Golfo degli Aranci. La ragazzina è stata la prima, e all’inizio anche la sola, a esprimere pubblicamente il proprio sconcerto, mentre i più tra i turisti presenti hanno scrutato, commentato, fotografato, sorriso maliziosamente, senza chiedersi se tutto questo non fosse un’offesa alle donne, una mercificazione e una banalizzazione del corpo femminile. Uno spettacolo indecente spacciato con il senno di poi per «opera d’arte» dai responsabili, in seguito alle feroci polemiche succedutesi alla denuncia del padre della quattordicenne. «Il nostro intento era quello di rappresentare la bellezza della donna senza sessualizzarla», ha sostenuto il manager dell’hotel. Un tableau vivant, per dirla dandosi un tono intellettuale. Senza sessualizzarla? Ognuno di noi ci pensi su un po’ e si dia una risposta.
Senza temere di passare per bacchettoni, si può rispondere con un secco no. Quella ragazza al cioccolato in bikini esposta al pubblico è solo un esempio plastico di una delle estati più cafone e violente nei confronti delle donne degli ultimi anni. Ne abbiamo dovute registrare di tutti i colori, con branchi (anche di minorenni) dediti allo stupro di gruppo (anche di bambine), orinatoi maschili a forma di bocca di donna nei bagni, per uomini ovviamente, di una palestra. E per favore, non si tiri in ballo come precedente l’opera ‘Fontana’ del trasgressivo Marcel Duchamp, un comune orinatoio modello Bedfordshire firmato R. Mutt. Quella sì che era una provocazione intellettuale, le cui copie, realizzate dallo stesso artista, restano in mostra in grandi musei di tutto il mondo. «Ha dimostrato che l’arte è qualcosa su cui pisciare», ha argomentato il filosofo Stephen Hicks. Giusto per fare un esempio, ma non è questo il momento per parlare degli ‘strappi’ nel mondo dell’arte.
Tornando a noi, la ribellione della ragazzina in vacanza rappresenta un soffio di vento fresco, di aria buona, che lascia qualche speranza sul futuro di questo nostro Belpaese. Non è sola. Al di là dei pessimi esempi rappresentati dai gruppi di giovanissimi criminali secondo i quali è lecito abusare di una donna, usarle violenza per divertirsi e farci anche soldi mettendo in vendita sul dark web i filmati con le loro ‘epiche’ imprese, la maggioranza dei ragazzi italiani è meglio. Sono
meglio le migliaia di ragazzi impegnati in attività culturali, in politica o al servizio della comunità. Come i moltissimi educatori che rappresentano l’ossatura dei grest dei nostri oratori e spendono gratuitamente il proprio tempo al servizio dei più piccoli. Il loro impegno, però, va favorito, non irregimentato. Fa discutere, per esempio, il dress code imposto ai suoi ragazzi dal parroco di Soresina, don Angelo Piccinelli, giustamente sceso in campo con una lettera aperta ai parrocchiani contro l’estate cafona e «il degrado e la mancanza di senso del pudore» che «stanno colmando il senso della misura». Correttamente vieta scollature troppo esibite e schiene nude in chiesa (ci vuole il massimo rispetto per un luogo di culto, come non essere d’accordo?), e afferma che «giustamente tanti Comuni sono ricorsi a ordinanze e a sanzioni per arginare il fenomeno del malcostume». Forte di queste premesse, però, ha imposto un rigido dress code anche agli educatori che lo sostengono nell’attività dell’oratorio: oltre all’ovvio e condivisibile divieto di bestemmia e di parole oscene, alle animatrici chiede di non portare calzoncini corti e attillati nonché canottiere con spallini o altro del genere; e ai loro colleghi maschi di non giocare mai a torso nudo.
Un nostro lettore, commentando le regole, ironicamente gli fa presente che «sorrido quando penso che in inverno si vedono signore con pellicce costosissime, esempio di pura vanità sociale, peggiore addirittura di una pancia nuda. Mai sentito lamentele dei gestori della fede in merito». Seguire, senza strafare, i dettami della moda non è un peccato, quest’anno va così, perché non prenderne atto? È solo questione di stile nel farlo. Viene da dire: e allora, caro don Piccinelli, si tenga ben stretti e si coccoli quelle ragazze e quei ragazzi che si spendono per gli altri, anche se con 40 gradi all’ombra portano shorts e indossano top che lasciano scoperta la pancia per trovare un po’ di refrigerio. L’ombelico è già stato sdoganato da Raffaella Carrà nel 1971 e oggi non indigna più. Meglio una pancia in vista che nessuna pancia (di volontari ed educatori) alle viste negli oratori.
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