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Alla conquista del Cervino, Ruffoni in vetta

Il 36enne di Montodine, ha chiuso il ciclo delle grandi vette dell’arco alpino. Dagli esordi in quota con la parrocchia alle cime del mito: prossimo obiettivo la sfida all’Himalaya

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

22 Agosto 2023 - 10:17

Alla conquista del Cervino, Ruffoni in vetta

MONTODINE - Ha impiegato cinque ore per scalare i 4.478 metri del Cervino e poter così posare sorridente accanto alla croce di vetta: «Una volta in cima ho pensato a tutti i pionieri dell’alpinismo che, da Walter Bonatti in poi, hanno legato il proprio nome alla storia di questo monte meraviglioso».

Filippo Maria Ruffoni, 36enne di Montodine, ha disciolto la propria gioia di scalatore nel respiro corale della montagna: «Con questa esperienza ho chiuso il ciclo delle grandi vette dell’arco alpino — spiega il montodinese —. Il Cervino è uno dei simboli delle Alpi, considerato la montagna perfetta per la sua forma inconfondibile e per le oggettive difficoltà che ogni scalatore è chiamato ad affrontare per dominare la sua roccia».

ruffoli

Mancavano dieci minuti alle 5 del mattino quando Ruffoni e il suo maestro Edmond Joyeusaz, guida alpina di Courmayeur, si sono mossi dal rifugio Hörnlihütte, a Zermat, sul versante svizzero, a quota 3.260 metri: «La montagna era ancora avvolta nelle tenebre quando abbiamo infilato gli scarponi — racconta —. Se l’ascesa è stata entusiasmante, la discesa ci ha riservato non poche difficoltà a causa dell’abbondante nevicata delle ore precedenti. Le condizioni erano comunque favorevoli per l’arrampicata: per un anno intero il meteo si era messo di traverso impedendomi di conquistare il Cervino. Voglio ringraziare l’amico Mauro Sbunskovic, supporter straordinario, e il gruppo escursionistico Lupi delle Vette».

Ora che la missione è compiuta, Ruffoni ha già fissato i prossimi obiettivi: «Prima voglio chiudere il cerchio delle vette africane — dice —. Il prossimo febbraio mi attende il Monte Stanley, in Uganda: un mostro sacro da 5.100 metri, comunque più basso del mitico Kilimanjaro, che ho già scalato ad inizio 2020. Poi pianificherò l’operazione ottomila».

Sì: lo scalatore montodinese è ormai pronto per i colossi dell’Asia centro-meridionale. «Il primo passo sarà la spedizione in Nepal, programmata per l’autunno 2024 — spiega —. L’intenzione è quella di sfidare l’Ama Dablam». Una delle vette più celebri dell’Himalaya, che con i suoi 6.812 metri domina la valle del Dudh Kosi, che porta verso i campi base dell’Everest.

«Il segreto? La preparazione — sottolinea Ruffoni —. Per sentirsi a proprio agio in alta quota è necessario anzitutto seguire un preciso percorso di acclimatamento, così da abituare l’organismo alla carenza di ossigeno; quindi occorre dedicarsi alla tecnica vera e propria. Perché ogni vetta è fatta a modo proprio ed è fondamentale entrare perfettamente in sintonia con le sue caratteristiche».

Ruffoni è sulle tracce del mito, ma ha confidenza con i quattromila fin da quando è ragazzino: ha familiarizzato con le cime innevate grazie ai campi scuola organizzati dalla parrocchia di Ripalta Cremasca, guidata da don Giovanni Rossetti, poi ha approfondito la conoscenza dei giganti di roccia insieme agli amici del Cai, coordinati dal responsabile Gian Sesto Fusar Bassini. Ora tutti fanno il tifo per lui.

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