L'ANALISI
29 Luglio 2023 - 05:00
SORESINA - «Era mercoledì mattina quando mi è arrivata la prima chiamata. Mi hanno spiegato brevemente che si trovavano in Spagna e ho improvvisamente provato sollievo. Ma la vera gioia è stata riabbracciarli giovedì a Barcellona. Non vedo l’ora che tornino a casa». Lo racconta Anna d’Aloisi, 36enne pavese, mamma dei due bambini ‘rapiti’ dall’ex compagno. Le sue parole, con la voce ancora rotta, raccolte ieri mattina. Poi si ferma: «Ma posso dire davvero poco di più. Non ce la faccio. Non dormo da giorni. Ora, per la prima volta, posso chiudere gli occhi. Scusatemi».
Il suo inferno personale, l’incubo di ogni mamma s’è concluso nel momento stesso in cui ha alzato la cornetta. All’altro capo i carabinieri pavesi di Stradella: «Sappiamo dove sono. Stanno bene e torneranno da te». È servito qualche secondo per realizzare il tutto. Poi quel sospiro di liberazione e il pensiero che corre all’unica cosa che si doveva e poteva fare. «Non ho atteso un attimo. Io dovevo andare da loro». Si veste, trova all’ultimo un biglietto per quella che è una meta turistica mondiale. Il prezzo è alle stelle, ma ovviamente non ci pensa nemmeno. E vola in Catalogna. Deve riabbracciarli al più presto.
E ce la fa. Loro sono lì, in un centro d’accoglienza. E stanno bene. Che è alla fine quel che conta. Di primo acchito sembra che non abbiano, comprensibilmente, nemmeno ben chiaro tutto quello che è successo attorno a loro. Non sanno di certo che la polizia di mezza Europa era sulle loro tracce. Ma forse è meglio così. «Sono ancora un po’ scossa e confusa – confessa la mamma – e so che non è ancora finita e non lo sarà finché non arriveranno in Italia, finché non saranno a casa con me».
Da parte delle autorità italiane, comunque, c’è stata la massima collaborazione: «Non conosco i dettagli né i tempi ma so che ci sarà un volo per loro e che torneranno in Italia. Sapere che sono al sicuro e che presto potremo abbracciarci di nuovo è la cosa più importante».
Se l’era augurato per tutto questo tempo. A due giorni dalla loro scomparsa l’aveva raccontato a La Provincia: «Non so le sue intenzioni (del papà, ndr). Se vuole portarli all'estero o che altro. Qui i miei figli hanno i loro amichetti, vanno a scuola, hanno l'amore e l'affetto di tutta la nostra famiglia, della zia e dei nonni. Devono tornare a casa». Tutto è bene quel che finisce bene. Ma la vicenda ha sicuramente scosso la folta comunità islamica locale, composta in gran parte di persone provenienti da Egitto e Marocco, e, in misura minore, dalla Tunisia.
L’integrazione a Soresina è, d’altronde, un ‘work in progress’, grazie alle aperture multiculturali messe in atto dall'amministrazione comunale guidata dal sindaco Diego Vairani e da diverse associazioni locali, senza dimenticare l'impegno in prima linea del parroco don Angelo Piccinelli, che ha aperto un dialogo tra le varie confessioni religiose, anche attraverso il coraggioso gesto con cui ha invitato gli imam alla festa patronale e ha presenziato personalmente, col vescovo Antonio Napolioni, a un evento di Al-Manar, uno dei centri culturali per musulmani più importanti del Cremonese.
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