L'ANALISI
20 Luglio 2023 - 05:00
CREMONA - Il caldo torrido che ha investito il Paese, e la Pianura Padana in particolare, in questi giorni sta mettendo a dura prova la pazienza, le energie, e i condizionatori dei cremonesi. Ma forse non tutti sanno che il problema per gli animali, e dunque per chi li alleva, è decisamente più grave. Tra gli uomini c’è infatti chi soffre prima, chi dopo un certo grado. Il caldo, per i bovini, ha invece una soglia di sopportabilità scientificamente accertata. Superati i 24/25 gradi hanno difficoltà a respirare, non vogliono mangiare, la socialità è ridotta al minimo e i tentativi di accoppiarsi sono praticamente accantonati per meccanismo di autodifesa. Proprio per questo, producono anche meno latte e meno nutriente. Si chiama «stress da caldo» ed è uno dei più grandi nemici della zootecnia italiana. Fortunatamente, anche nel campo delle contromisure, gli imprenditori cremonesi sono all’avanguardia nel mondo e hanno studiato ogni metodo possibile per combattere ‘Caronte’. Tre testimonianze, la stessa premessa: «Il benessere degli animali è il nostro benessere. Dobbiamo proteggerli».
La chiave, ancora una volta, è l’innovazione. «Abbiamo cominciato a studiare nuove tecniche per garantire il benessere dei nostri animali già dodici anni fa – spiega Arturo Padovani, titolare della Cascina Bondenta di Casaletto Vaprio –. Partendo dalla classica ventilazione siamo arrivati a un sistema ‘Thi’ mirato che si autoregola tramite un computer centrale in grado di sommare i valori di temperatura e umidità, attivando in tal modo la ventilazione con raffrescamento che bagna le vacche e poi le asciuga immediatamente». Non si tratta di banali migliorie ma di un vero e proprio investimento fondamentale per l’azienda: «I risultati – prosegue Padovani nella sua analisi – sono estremamente positivi. Di pari passo con l’evoluzione di queste tecniche si è passati da un calo di produzione che toccava, nei mesi più caldi, anche il 40-50%, a un 10-15%». La cura deve però essere sempre massima: «Fondamentale – conclude – è porre particolare attenzione agli spazi dove l’assembramento degli animali può essere maggiore come, per esempio, la sala di mungitura. Studi affermano che, un’attesa di un’ora al caldo, può portare addirittura a un calo medio fino al litro di latte. Ed è per questa ragione che abbiamo implementato anche in questa fase impianti di ventilazione e raffrescamento in loco».
Per Davide Milanesi, dell’omonima azienda agricola castelleonese, grande attenzione va posta anche all’alimentazione dei capi, studiata infatti nella sua realtà per dare il maggior sollievo agli animali: «Ventilazione e raffrescamento nelle stalle sono indispensabili – afferma – ma bisogna stare molto attenti anche all’inevitabile reazione di inappetenza. Se ci pensiamo bene, vale anche per noi umani. Quando la temperatura si alza, istintivamente, andiamo a cercare del cibo che ci offra un maggiore apporto di liquidi. Ecco perché – svela – le razioni in questo periodo privilegiano l’umido». Una vera e propria dieta ad hoc: «Rispetto a periodi che non presentano questa criticità – spiega appunto – operiamo in modo tale che nelle stalle arrivino razioni più dilazionate, cadenzate, più umide e più volte al giorno. Ancora una volta mi richiamo alla nostra quotidianità. Pasti brevi, più umidi e più rinfrescanti, ci invogliano maggiormente». Il mantra è il medesimo: «Il benessere animale – conclude Milanesi – è un aspetto che deve essere e sarà sempre la nostra guida. Partendo anche dalle piccole, ma insostituibili, accortezze. L’acqua, per esempio, non può e non deve mancare mai. E non solo. In questo periodo dobbiamo dare la garanzia che gli abbeveratoi siano un numero tale, e tanto pieni, da rassicurare gli animali e non stimolarne la competizione per accedere alla risorsa. Infine, un dettaglio che conta molto è evitare l’assembramento, lasciare il più possibile l’animale nello spazio aperto, sia esso bovino o scrofa, senza costringerlo in un luogo dove con la vicinanza di altri esemplari la temperatura si possa alzare».
Per Giulio Federici, di Pieve Ecoenergia a Cingia de’Botti esiste una duplice questione da affrontare, che coinvolge due aspetti etici di eguale importanza: «Siamo oggi chiamati a rispondere a due grandi sfide, quella di tutelare il benessere dell’animale proteggendolo dal caldo ma anche, e allo stesso tempo, evitare lo spreco delle risorse idriche». Sì perché, come ben si sa oggi, il cambiamento climatico non sta danneggiando solo gli animali, sta anche riducendo progressivamente le risorse a disposizione dell’uomo, del coltivatore e dell’allevatore. Ma ancora una volta è la scienza, la voglia cremonese di innovare e innovarsi, a vincere: «Per questo abbiamo implementato, oltre all’ormai diffusa ‘tunnel ventilation’ che preleva ammoniaca e umidità dall’aria proteggendo gli animali in stalla – illustra Federici – delle ‘doccette’ che funzionano tramite la tecnologia della fotocellula. Questo significa, semplificando, che se l’animale si trova in greppia, la fotocellula ne capta la presenza e fa partire il getto d’acqua, mentre se si trova lontano la doccetta resta inattiva fino al nuovo passaggio». Come detto, non solo convenienza ma prima di tutto questione morale: «Il mio pensiero, come quello di molti allevatori, è che sia oggi fondamentale adottare tutti quei sistemi che permettano di proteggere gli animali ed evitare ogni spreco. Importante – come sottolineano anche i miei colleghi – è evitare il sovraffollamento. La compresenza di troppi animali in uno spazio ridotto, con temperature elevate, è dannosa. Dobbiamo fare tutto il possibile per ridurre il loro carico di stress. Ne beneficia l’animale, ne beneficiamo noi».
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