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IL PUNTO

E poi dicono che i ragazzi non hanno voglia di studiare

Orgogliosi di tutti coloro che pacificamente rivendicano il valore dello studio, della preparazione, della formazione e cercano il dialogo

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

09 Luglio 2023 - 05:00

E poi dicono che i  ragazzi non hanno voglia di studiare

Garbati, ma decisi, niente a che vedere come atteggiamento con le proteste che periodicamente infiammano scuole e atenei di mezzo mondo. Un gruppo di studenti delle università cremonesi per un pomeriggio, quello di giovedì, ha occupato simbolicamente la Biblioteca Statale chiedendo maggiori spazi per studiare e stare insieme.

Alle 17,45, orario di chiusura, si sono rifiutati di uscire trasferendosi in Sala ragazzi per avanzare le loro rivendicazioni, riassunte nello striscione: «Dove si studia a biblio chiusa?». Domanda non retorica e non da poco nell’oggi, che esige risposte per il prossimo futuro.

Cremona non nasconde ambizioni di città universitaria, ha investito ingenti risorse grazie al deciso contributo della Fondazione Arvedi e degli enti locali, con il Comune in prima linea.

Dopo i grandi interventi su Cattolica, Politecnico e Conservatorio, ce n’è un altro alle viste alla sede dell’Università di Pavia. Entro qualche anno si stima che la popolazione studentesca salirà almeno fino a quota quattromila unità. Un ‘popolo’ al quale è e sarà necessario dare risposte, servizi. Che il tema degli spazi per studiare sia reale viene riconosciuto dalle stesse istituzioni.

Raffaella Barbierato, direttrice della Biblioteca Statale, non si è negata al confronto. Ha incontrato i ragazzi e spiegato loro che il personale a disposizione è un terzo di quanto dovrebbe essere e che dunque gli orari attuali sono difficilmente estendibili. Come atto di buona fede, assieme ai dipendenti presenti, per quella sera ha tenuto i battenti aperti fino alle 20. Segno di un dialogo positivo in una città che si dimostra civile e pronta al confronto, ma anche della consapevolezza che interventi concreti non possono essere rimandati. Il ‘cantiere’ è però aperto.

I responsabili degli atenei cittadini, che abbiamo interpellato all’indomani della manifestazione in Biblioteca, hanno tracciato un quadro in chiaroscuro: si ammette che gli spazi e gli organici a disposizione non sono sufficienti, ma si assicura che «insieme al Comune e al tavolo di Cremona Città Universitaria stiamo lavorando in questo senso per dare risposta in tempi brevi ai ragazzi e alle loro esigenze di studio e socializzazione», per dirla con le parole di Claudio Vela, direttore del Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali presso palazzo Raimondi.

Analoghe le prese di posizione dei colleghi degli altri atenei presenti in città. Un primo, significativo e immediato, segnale arriva dall’amministrazione comunale, pronta ad aprire le porte dell’InformaGiovani.

«Il progetto San Francesco intende recuperare l’ex ospedale come luogo deputato ai giovani e alle loro attività — dicono il sindaco Gianluca Galimberti e l’assessore all’Istruzione, Maura Ruggeri —. Ma in attesa che il comparto di San Francesco diventi realtà, l’idea allo studio è quella di mettere a disposizione degli universitari gli spazi dell’InformaGiovani in orari non d’ufficio e magari pensando ad aperture anche nei fine settimana. L’obiettivo è venire in aiuto dei ragazzi e delle loro esigenze, rendendoli responsabili e chiedendo una loro partecipazione attiva. Per questo prerequisito indispensabile sarà quello di dare vita a una Consulta studentesca interuniversitaria che rappresenti il soggetto istituzionale con cui dialogare».

Ecco, la parola magica è «dialogo». Perché, come sottolinea Paolo Carletti, presidente del consiglio comunale, «è una buona notizia che i giovani cremonesi manifestino pacificamente per promuovere le loro istanze, se poi queste istanze riguardano il diritto allo studio la notizia diventa bellissima, bellissima davvero, non solo per chi si occupa di formazione dei giovani, ma per tutto il sistema Cremona».

E conclude: «Siamo profondamente orgogliosi di tutti coloro che pacificamente rivendicano il valore dello studio, della preparazione e della formazione».

Al tavolo di lavoro riunitosi di recente è stata decisa la creazione della Consulta interuniversitaria: gli studenti potranno così disporre di uno strumento di dialogo, di scambio di esperienze e di relazione con le istituzioni oltre che di partecipazione attiva alla vita della città.

Naturalmente non è mancato chi ha storto il naso di fronte all’occupazione della Biblioteca Statale, «che studino a casa loro, stare sui libri è un ‘lavoro’ da fare individualmente. Altro che studiare, quelli vogliono divertirsi».

Si tratta di una visione sbagliata. Ovviamente ogni ragazzo ha le proprie attitudini e sceglierà liberamente come organizzarsi. Gli esperti sono però concordi nell’affermare che si possono trovare grandi benefici in un gruppo di studio. Studiare insieme può impartire un ritmo di lavoro che a volte si faticherebbe a tenere da soli. Inoltre farlo con altre persone aumenta la motivazione reciproca e migliora le relazioni sociali. Per contro, va ammesso, il gruppo può essere fonte di distrazioni, trasformarsi nel gruppo di divertimento, perdendo così di vista l’obiettivo dell’esame. Però a volte da soli si può perdere di motivazione, e studiare senza compagnia nei momenti di difficoltà è sicuramente più duro. Essere spronati dal proprio gruppo aiuta; inoltre in caso di dubbi o intoppi non è possibile avere un confronto in tempo reale. Quello degli spazi di studio e socialità è solo uno degli aspetti da affrontare per la piena realizzazione di Cremona città universitaria. Però in questa fase è cruciale. Non va dimenticato che l’effetto-pandemia negli atenei ha colpito duro. Solitudine e tasso di abbandono sono stati sinonimi in quel periodo.

Secondo il recente Rapporto sulla formazione superiore, «gli iscritti a una triennale che lasciano tra il primo e il secondo anno era sceso al dato minimo di circa il 12 per cento per tutte le coorti di immatricolati dall’anno accademico 2015/16 fino a quello 2019/20 (3 punti percentuali in meno rispetto a dieci anni fa), ma sono tornati a risalire nel 2020/21, fino al 14,5% (con un minimo del 9,1% per i diplomati provenienti dal liceo e un massimo del 26,8% per i diplomati degli istituti professionali).

Ma la tendenza si manifesta anche successivamente al primo anno, come risulta dal 20,4% degli abbandoni dopo tre anni dall’immatricolazione per le lauree triennali, che sale al 24,2% a distanza di sei anni».

In conclusione: ben vengano gli studenti con la loro freschezza e la loro vitalità a ringiovanire e rallegrare una città che invecchia e a volte tende a chiudersi in se stessa; evviva le feste di laurea che portano gioia nelle nostre strade (e fatturato ai locali di città e paesi dei dintorni).

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