L'ANALISI
SALUTE
05 Maggio 2023 - 10:14
Un momento del recente screening organizzato all’interno dell’Area donna Breast Unit dell’ospedale Maggiore di Cremona in occasione della festa dell’8 marzo
CREMONA - «Non chiamatela Area donna»: è un ammonimento carico di disappunto quello di Cristina Marenzi, Roberta Mozzi e Giovanna Bonetti, le portavoce del comitato che si batte per il ripristino del reparto ospedaliero che riuniva i servizi di prevenzione, diagnosi e cura della patologia mammaria e ginecologica.
Il rammarico è indirizzato al ‘battesimo’ dell’isola sanitaria al femminile realizzata all’interno dell’unità operativa di Radiologia e diagnostica per immagini della casa di cura Ancelle della Carità: «Consideriamo inopportuna la denominazione — dicono le tre referenti — perché crea confusione e allarme». Insomma: l’Area Donna Breast Unit dell’ospedale Maggiore non ha nulla a che vedere con l’Area Donna della clinica di via Aselli. Un appunto tutt’altro che accessorio.
Perché il caso di omonimia ha immediatamente sollevato apprensioni e polemiche: «Sulla chat del comitato e sui social network si è scatenato il caos — spiega Marenzi —. C’è addirittura chi ha pensato che l’Area donna dell’Asst avesse traslocato nella struttura sanitaria privata». Se il fraintendimento è facile da risolvere, resta comunque lo sgradevole alone del ‘copia e incolla’. Perché «le parole sono importanti», afferma Marenzi, e il travaso terminologico non solo lascia il sapore dell’usurpazione, ma rischia anche di produrre strascichi a livello simbolico.
«Il comitato non è contro le cliniche che, al contrario, vanno considerate realtà preziose per la città — puntualizzano le portavoce —. Tuttavia ci ha lasciate allibite e amareggiate la scelta di applicare a una realtà estranea all’ospedale quella definizione così importante per noi, nella quale confluiscono, da un lato, esperienze umane complicate e dolorose e, dall’altro, mesi di impegno civile per la salvaguardia e la valorizzazione della medicina di genere».
Le referenti del comitato, quindi, sottolineano: «La differenza fra le due aree è netta e inequivocabile. Alle Ancelle si effettua esclusivamente attività diagnostica, mentre l’Area Donna Breast Unit dell’ospedale offre un percorso complesso e completo che comprende la diagnosi, il trattamento medico e chirurgico, la riabilitazione e l’assistenza sociosanitaria». Poi Marenzi, Mozzi e Bonetti rimarcano: «Non vogliamo alimentare alcuna contrapposizione. Mettere a disposizione del territorio più apparecchiature significa elevare il livello della prevenzione. Ben venga, dunque, il potenziamento dei servizi anche nella sanità privata. Ma l’Area donna, la nostra, resta un unicum». Da preservare anche nel nome.
Le portavoce del comitato, intanto, proseguono nella loro battaglia: rivendicano il bisogno di tornare a quello spazio di condivisione al femminile intimo e rassicurante che è stato smantellato oltre un anno fa. Allo stesso tempo, però, elogiano il reparto: «Frammentato sì, ma comunque di livello eccellente, come conferma la recente attribuzione della certificazione internazionale Eusoma — ricordano Marenzi, Mozzi e Bonetti —. Gli oncologi e le infermiere sono professionisti di primo piano e di straordinaria umanità. Inoltre, negli ultimi mesi gli screening hanno ritrovato ritmo». L’Area Donna, anche se sfilacciata rispetto a un tempo, rimane un presidio essenziale: per questo il comitato lo promuoverà con un ciclo di incontro pubblici nei quartieri della città, in partenza a breve. Un’azione capillare per la tutela della salute delle donne.
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