L'ANALISI
OGLIO PO: I NODI
05 Maggio 2023 - 05:10
CASALMAGGIORE - Forte preoccupazione dell’associazione ‘Amici dell’Ospedale Oglio Po’ per la chiusura del bar-ministore e rivendita giornali del presidio ospedaliero, dovuto al «grave inadempimento» da parte del concessionario, una società, che ha un arretrato con l’Asst di Cremona di 138.745,42 euro. «Si tratta di un servizio essenziale - commenta Claudio Toscani, presidente degli ‘Amici dell’Oglio Po’ -. Pensiamo solo alle persone che vengono ad effettuare i prelievi e che poi fanno colazione, ai parenti in attesa, a chi si trova all’ospedale per lavoro e deve mangiare un boccone. Non si tratta di aspetti secondari, tanto più che nelle immediate vicinanze non c’è nulla e occorre necessariamente prendere l’auto per trovare un bar. Certo, ci sono le macchinette automatiche, ma non è la stessa cosa». Toscani auspica che sul tema vi sia la massima attenzione: «Mi auguro che la questione sia presa in considerazione con sollecitudine, quanto meno per fare in modo di garantire il servizio dalla mattina presto sino a metà pomeriggio, quando c’è meno gente».
La chiusura dell'unico bar di un ospedale di periferia può avere un impatto significativo sulla comunità. La sua chiusura causa inevitabilmente disagi. L’Asst, si è appreso, è impegnata a trovare una soluzione-ponte in pochissimi giorni. Poi, però, sarà necessario indire un altro bando per affidare la gestione: quanto tempo ci vorrà? «C’è da chiedersi se si troverà qualcuno ai canoni attuali - è la considerazione di Toscani -. Mi risulta che qualche tempo fa ci fosse stato un interessamento da parte di qualcuno, ma non so se sia ancora così».
L’accordo assunto a suo tempo prevedeva l'obbligo, a carico del concessionario, di versare il canone concessorio in rate trimestrali posticipate, di un importo pari a 8747,40 euro, e di garantire le dovute retribuzioni e contribuzioni in favore del personale dipendente applicato al servizio. L’amministrazione, da luglio 2020 sino a dicembre 2021, ha accordato una riduzione del canone, a causa «dell’emergenza pandemica, delle conseguenti scelte sanitarie incidenti sugli accessi al presidio e, quindi, della ridotta remuneratività del servizio offerto dall’operatore».
Un dipendente dell’ospedale osserva: «Per un parente che deve rimanere diverse ore ad aspettare un suo caro che sta facendo un prericovero o che è in pronto soccorso è importante avere un punto dove poter, anche psicologicamente, tirare il fiato, prendersi un caffè, il giornale o mangiare un boccone all'ora di pranzo, che non sia un impersonale distributore automatico, per quanto fornito sia. Il nostro ospedale è un puntino in mezzo alla campagna, soprattutto chi non è della zona non è che può prendere la macchina e andare a Casalmaggiore a cercare quello che gli serve; il bar consente di portare al parente una bibita, una rivista, una cannuccia per bere meglio, un deodorante. Piccole cose, ma importanti per chi deve stare in un letto d'ospedale. Adesso non più. E anche per noi dipendenti, non sarà fondamentale, ma è comunque importante per fare una piccola pausa, con i baristi con il passare del tempo si instaura un rapporto di complicità, imparano in fretta i nostri gusti, le nostre manie, le nostre paranoie e ci sopportano. Personalmente, in 25 anni di servizio, non ho mai preso la chiavetta del distributore automatico». Forse, aggiunge il dipendente, occorre cambiare un po’ prospettiva, ‘inventarsi’ qualcosa: «In un ospedale del veronese, ad esempio, il bar interno è stato dato in gestione a due educatori e sette ragazzi di una cooperativa sociale».
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