L'ANALISI
SESTO CREMONESE. IL CASO
25 Aprile 2023 - 05:20
SESTO CREMONESE - Delusione, amarezza, ma soprattutto tanta rabbia. È intrisa di negatività la reazione dei dipendenti del raviolificio ex Bertarini, chiuso prima di Natale, di fronte alla decisione dell’azienda di non anticipare un centesimo della loro liquidazione. Scelta che, è giusto dirlo, l’azienda di Correggio ha la possibilità di adottare, per legge.
I mille euro che, tramite i sindacati, uomini e donne ancora in forza alla ditta (gli altri 34 si sono licenziati e timbrano già il cartellino altrove) avevano chiesto, sarebbero serviti a tirare avanti almeno fino a giugno, quando dovrebbe arrivare nelle loro tasche la sovvenzione statale della Cassa integrazione speciale in deroga. Ma il condizionale resta d’obbligo, perché non si sa quando arriverà da Roma il via libera.
La richiesta al ministero, sempre grazie alle pressioni di Cgil e Cisl, la ditta l’ha fatta, ma i tempi dell’Inps sono difficilmente prevedibili. Ma i quattrini, alle famiglie, servono perché le spese fisse restano: bisogna mangiare e mantenere i figli. E se non c’è ogni mese un’entrata certa, la strada diventa sempre più in salita.
«Non ci sono più parole per commentare questa brutta situazione — confessa un lavoratore — ma è giusto che si sappia che noi dobbiamo essere puntuali con i pagamenti delle bollette e delle rate del mutuo e se non abbiamo entrate, qualcuno deve spiegarci come faremo a onorare gli impegni presi».
«Avendo affitto, bollette e rata della macchina — si sfoga una collega — tutte scadenze improrogabili, devo chiedere alla mia banca se può anticipare alcuni pagamenti».
«L’anticipo del Tfr — chiarisce infine un’altra lavoratrice — è stato chiesto, perché la certezza che da qui a giugno non si percepiranno soldi, metterà in gravissima difficoltà tutti coloro che non hanno ancora trovato un lavoro; abbiamo chiesto soldi che sono nostri e che la ditta dovrebbe avere accantonato e che quando ha deciso di fare un licenziamento collettivo di 54 persone, doveva prevedere di sborsare. Questa — la sottolineatura — è un’altra dimostrazione della poca serietà. Inoltre — continua la dipendente — l’accordo iniziale era che la Cassa integrazione straordinaria sarebbe partita dal primo aprile; ma poi, strada facendo, hanno modificato anche questa scadenza anticipandola al primo marzo. È vero che non sono obbligati a venirci incontro, ma è vero anche che hanno creato loro questa situazione e non sentono di avere alcun dovere morale».
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