L'ANALISI
FORO CREMONESE NELLA CAPITALE
20 Marzo 2023 - 19:23
ROMA - Processi con poche risorse e strutture e dove la difesa rischia di avere un ruolo sempre più marginale, a scapito della tutela dei diritti dei cittadini. Alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 del Consiglio nazionale forense, che si è tenuta oggi al Maxxi alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e a cui ha partecipato Alessio Romanelli, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cremona, Maria Masi, presidente del Consiglio Nazionale Forense, ha lanciato l’allarme sulle riforme che riguardano la giustizia e ha auspicato una battaglia comune su questo fronte con la magistratura. Perché con l’occhio rivolto solo alla statistica, e cioè all’esigenza di ridurre i tempi dei processi, non solo si minano «sicuramente i diritti dei cittadini» e si «ridimensiona e sacrifica la funzione dell’avvocato», ma si «rischia anche di trasformare il magistrato in burocrate».
Si è partiti dalla strada sbagliata: il ricorso eccessivo ai decreti legge ha «contratto, sia la discussione sia una serena valutazione delle conseguenze e soprattutto dei rischi a cui è stata esposta la Giustizia nel suo insieme», ha spiegato Masi. Quanto al merito dei provvedimenti, «a poche settimane» dall’entrata in vigore di gran parte delle norme che regolano il nuovo processo civile, «è emersa in maniera chiara l’attuale inadeguatezza di strutture e di risorse. La stessa inadeguatezza che ancora impedisce l’attuazione delle norme che invece regolano il nuovo processo penale».
Nel processo civile «l'esercizio dell’attività di difesa rischia di essere e di diventare ancora più marginale, esposta irragionevolmente ad essere giudicata temeraria. Riti disseminati di decadenze, oneri, spettri di inammissibilità rendono l’ambito di operatività inquinato da troppe variabili». E nel penale «il rischio è ancora più grande, soprattutto in tema di impugnazioni, quando legittimamente il difensore esigerà di esercitare in pieno e fino in fondo il suo mandato che consiste appunto nell’esercizio del diritto di difesa».
Cosa fare ora? «Con grande senso di responsabilità, reagire in maniera costruttiva», partecipando ai gruppi di lavoro ministeriali. «Sono tanti, infatti, i gruppi di lavoro che l’attuazione della riforma prevede ed esige come necessari per rendere fattuale il generale e l’astratto. Bisogna allora che avvocatura e magistratura insieme chiedano con voce ferma interventi emendativi». Sinora, la «comunione di intenti» tra avvocatura e magistratura è stata «intempestiva», cioè è intervenuta troppo tardi. Ma c'è ancora spazio per rimediare.
«Considero un grandissimo onore pote rappresentare, in questa solenne occasione, tutti gli avvocati del Foro di Cremona», ha detto il presidente Romanelli, il quale ha «ascoltato con estremo l’intervento della presidente Marai Masi e non posso che condividerlo in pieno». Secondo il presidente Romanelli, «ciò che più di altro merita di essere sottolineato, è il richiamo fortissimo alla funzione sociale dell’avvocato: quella di contribuire a riaffermare i diritti fondamentali e difenderli al cospetto di chi degrada strumentalmente la loro difesa a mera retorica. Questo magistero non si esaurisce nelle aule di giustizia, ma si svolge anche e soprattutto nella quotidianità della vita sociale e di relazioni. L’avvocato, anche quando crede di essere e di vivere come un semplice cittadino, deve avvertire il dovere ontologico di essere altrettanto vigile e diligente nell’osservare questi stessi principi».
Il presidente Romanelli infine ha sottolineato come l’avvocatura debba sempre «affermare con convinzione che è soprattutto quello di tutelare i diritti degli altri. Diritti, se non riconoscibili come tali, che non possono che essere uguali e come tali non discriminati e non divisibili».
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