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CREMONA. IL PROCESSO

Nozze combinate: assolto il padre dall’accusa di maltrattamenti e violenza sessuale

Il genitore aveva organizzato il matrimonio con un ragazzo albanese, ma alla 23enne piaceva un altro. Il pm aveva chiesto 4 anni e 9 mesi di reclusione

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

14 Marzo 2023 - 16:08

Nozze combinate: assolto il padre dall’accusa di maltrattamenti e violenza sessuale

CREMONA - Al matrimonio «combinato» dal padre con un ragazzo albanese, lei si era opposta. Perché quel ragazzo della sua stessa età non le piaceva. Le piaceva un altro, «ma mio padre mi ha costretto a fidanzarmi con quel giovane, ha pagato una camera di albergo, all’inizio mi sono rifiutata, ci sono dovuta andare e abbiamo avuto un rapporto sessuale completo. Era la prima volta». Quanto ha raccontato al processo, Maria (nome di fantasia, ndr) 23 anni, lo ha «romanzato», per dirla con l’avvocato Stefania Giribaldi, difensore del padre che oggi è stato assolto dall’accusa di maltrattamenti e di violenza sessuale. Di averla costretta ad avere un rapporto sessuale con il «promesso sposo».

Assolto il padre, per il quale il pm aveva chiesto 4 anni e 9 mesi di reclusione. Assolto il giovane albanese che quattro anni fa si è trovato in una cosa più grande di lui (era difeso dall’avvocato Sonia Giulianelli del Foro di Rimini).

Al processo, tra molti «non ricordo» Maria aveva fatto mettere a verbale: «Mio padre ha ospitato il ragazzo a casa nostra, i miei genitori dormivano in salotto, io dormivo con lui nella loro camera matrimoniale. Io mi opponevo. Non volevo avere altri rapporti con lui. Mio padre mi diceva: ‘Tu devi dormire con lui, perché ormai sei sua’».

Quattro anni fa, la giovane chiese aiuto alla professoressa. Partì la denuncia alla Polizia locale, otto mesi li passò in una comunità. «Poi sono tornata a casa. Mio padre mi ha chiesto scusa. Attualmente i rapporti con mio padre e con la mia famiglia sono normali, tranquilli».

All’età di 18 anni, Maria aveva conosciuto il «promesso sposo» chattando sui social. Lui abitava in Albania con la sua famiglia. Si sono scambiati messaggi, lei gli mandava «i cuoricini». «I miei genitori hanno parlato con i suoi genitori. Dovevamo metter su famiglia, sposarci; il papà ha deciso di farlo venire a casa nostra, ma io non volevo, perché volevo finire la scuola. Ci siamo frequentati, non parlavamo molto, del più e del meno. Lui mi abbracciava. Mi ha regalato l’anello di fidanzamento».

«La ragazza si era fidanzata, ma le piaceva un altro e non sapeva più come uscirne — ha arringato l’avvocato Giribaldi —. Il padre l’aveva accompagnata in albergo, ma non era lì, in stanza, a costringerla. I ragazzi sono andati e tornati da soli dall’hotel. Il fatto è che la figlia andava male a scuola, il papà le ha tolto il telefono, perché lei passava le giornate con le cuffie nelle orecchie. Nel frattempo, lei si è sposata con un altro, ha poi divorziato, è tornata a casa dal padre. Non possiamo non tener conto del loro contesto culturale: i genitori avevano preso un impegno con la famiglia del ragazzo. Lei si era fidanzata e intanto chattava con un altro».

Al processo, la stessa mamma aveva smentito la figlia. Il difensore ha inoltre ricordato come al Tribunale dei minori. il procedimento sia stato chiuso con un nulla di fatto: «Gli assistenti sociali erano andati a casa. Evidentemente, questa famiglia non era succube del padre».

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