L'ANALISI
08 Marzo 2023 - 17:54
Il gruppo di studenti della Cattolica
CREMONA - «Non una gita scolastica, ma un pezzo di percorso formativo, un’esperienza fatta nella Silicon Valley, il luogo dove le cose avvengono — come dicono gli americani — earlier (prima), faster (più velocemente) e bigger (più grandi)». Questa è stata la settimana del Silicon Valley Immersion program svolto dal 6 al 10 febbraio presso la University of San Francisco da 12 studenti della Cattolica delle lauree magistrali ‘Global Business Management’ e ‘Innovazione e imprenditorialità digitale’ delle facoltà di Economia e Giurisprudenza.
Nel gruppo anche due cremonesi: Matteo Borghesi Alquati, 24 anni, e Chiara Villa, 23 anni, di Castelverde. Cinque studenti hanno potuto contare su una borsa di studio messa a disposizione da Cassa Padana. L’esperienza è stata presentata ieri mattina al campus Santa Monica da Fabio Antoldi, docente e coordinatore accademico del progetto, con Andrea Lusenti, direttore generale di Cassa Padana e Fabio Tambani, direttore distretto di Cremona dell’istituto di credito.
«Noi — ha proseguito Antoldi — stiamo ancora a discutere di auto elettriche mentre a San Francisco ci sono i robotaxi, veicoli a guida autonoma che si destreggiano nel traffico. E mentre noi giochiamo con il chat bot nella Silicon Valley stanno già misurando gli effetti dell’intelligenza artificiale, che avrà un impatto paragonabile a quello che ha avuto l’arrivo dell’elettricità nelle case». Gli studenti hanno visitato le aziende più iconiche della Valley: Intel, Plug&Play e Google. E hanno potuto frequentare lezioni, seminari e laboratori tenuti da docenti ma anche da operatori esterni esperti, Inoltre hanno assistito a 28 ‘pitch’, ossia presentazioni di pochi minuti accompagnata da slide in cui le startup presentano i loro progetti a potenziali investitori. E hanno dovuto farne uno anche loro.
«Ci ha colpito molto — spiegano Chiara e Matteo — la città, che appare molto ricca, ma dove abbiamo visto moltissimi senzatetto. San Francisco, infatti, è meta di molti homeless che vengono qui perché la spinta tecnologica produce un tenore di vita più alto anche per loro. Ma noi siamo arrivati nella Valley in un momento di forte preoccupazione per il futuro. Il metaverso, che per noi è il futuro, infatti, non ha avuto il successo sperato e lì è già considerato superato. E poi c’è molta preoccupazione per l’intelligenza artificiale che rischia di mettere in crisi Google e di produrre licenziamenti».
«Le aziende nella Silicon Valley sono molto diverse dalle nostre, più grandi e più strutturate - continuano -. Sono dotate di caffetterie, tavoli da ping pong, terrazze. Insomma l’idea è di rendere il posto di lavoro confortevole per motivare i dipendenti a restare più a lungo ed essere più produttivi. E i rapporti sono molto meno gerarchici e formali. Ci ha colpito anche la diversa idea del fallimento che negli Usa non è un dramma, ma un’esperienza che porta a nuove conoscenze. E quelli che oggi sono grandi imprenditori in passato hanno affrontato il fallimento».
«Ci ha colpito anche il diverso ordine di grandezza - concludono -. Durante i pitch, in Italia una startup è contenta quando ottiene 100 o 200 mila euro. Là 7 o 10 milioni di dollari è normalità. E per i nostri progetti ci hanno fissato un obiettivo di 50 milioni di fatturato in 5 anni». Gli studenti cremonesi hanno preso parte a due team diversi. In uno hanno pensato ad una App che attraverso l’intelligenza artificiale potesse interagire con gli anziani per tenere loro compagnia. Nell’altra hanno invece esplorato la possibilità di applicare l’Ia alla formazione del miglior prezzo di vendita per le aziende manifatturiere e i retail.
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