L'ANALISI
RIVOLTA D'ADDA
14 Febbraio 2023 - 20:09
RIVOLTA D’ADDA - Sabato 10 luglio del 2021. Maria è al maneggio Parco Adda Cavallo con i suoi genitori. Da tre mesi lì la famiglia milanese ha due cavalli. E sempre lì, finito di montare il suo cavallo, nella selleria «mi sono trovata lui che, inaspettatamente, mi ha abbracciato stretto, in modo oppressivo. Cercavo di dimenarmi, ma lui era più forte di me».
Lui è Asif, un trentenne pakistano. Fino a due anni fa era dipendente del maneggio: puliva i cavalli, dava loro da mangiare. La selleria non rientrava tra le sue mansioni. Due anni fa, lo hanno licenziato. E da oggi è sul banco degli imputati accusato di violenza sessuale, «perché afferrandola repentinamente, abbracciava con entrambe le braccia» la ragazza, «tenendola ferma nell’abbraccio per circa 30 secondi e tentando più volte di baciarla, poi la cingeva con una mano dietro il busto e con l’altra le palpeggiava il seno».
Maria (nome di fantasia, ndr) oggi ha 25 anni. Al processo si è costituita parte civile con l’avvocato Davide Montani e oggi ha raccontato dell’incontro «inaspettato» in selleria con il dipendente del maneggio, del quale non ricordava il nome. «Nell’ultimo periodo era insistente, voleva aiutarmi nel preparare il cavallo, ma io non volevo. Nelle ultime due settimane mi aveva proposto spesso di bere il caffè. Io ho sempre rifiutato».
Quel sabato di due anni fa «è stato particolarmente insistente». In selleria «io mi sono divincolata, mi ha messo mano e braccia sul seno. Gli ho detto: ‘In maneggio ci sono i miei genitori’. Non ho urlato, gli ho fatto presente che non volevo. Lui si è spostato e siamo usciti. Sarà durato 30 secondi, un minuto. Sono salita in auto con i miei genitori e ho raccontato loro quello che mi era successo. In selleria da sola non ci sono più andata». Giorni dopo, Maria era in vacanza con mamma e papà. Il pakistano le inviò sul telefonino due video: «In uno c’erano due bambini pakistani con due fucili giocattolo», nell’altro «cavalli maltrattati». E poi «mi ha mandato la foto del mio cavallo. L’ho presa per una minaccia». Il 2 agosto Maria si presentò ai carabinieri e lo querelò.
Dopo la figlia, il pm, Francesco Messina, ha chiamato a testimoniare il padre. «Verso i figli io sono molto apprensivo. Rincasando, mia figlia mi ha raccontato che in selleria questo qui le aveva messo le mani addosso. Volevo tornare indietro, perché inc… nero». Sino a quel giorno, il pakistano «è sempre stato abbastanza gentile. Non ho mai notato atteggiamenti particolari. Ci salutavamo. Un paio di volte mi ha chiesto se mia figlia c’era, nulla di cui farmi insospettire. Quel giorno, dopo aver montato a cavallo, ha fatto un atto di gentilezza: ha preso lamia sella da portare in selleria, anche se non era la sua mansione. Io ho parlato con mia moglie, ho dato le carote al cavallo, tutto normale, poi è arrivata mia figlia. Io di questa persona non ho mai pensato male. Ho chiamato il titolare del maneggio. Gli ho detto: ‘Tu devi mandarlo via’».
Al dipendente arrivò una lettera di richiamo. L’indomani, il papà tornò al maneggio. «Lui era imbarazzato. Gli ho detto: ‘Tu devi stare lontanissimo da mia figlia, se ne fai ancora mezza, il minimo che ti può capitare è che vado dai carabinieri. Lui era bianco in faccia. Purtroppo, non è finita lì». Giorni dopo, arrivarono i video e la foto sul telefonino della figlia. «Ho informato il titolare del maneggio. E al maneggio ho saputo che non era la prima volta, che in selleria ci aveva già provato con un’altra ragazza». All’udienza del 16 maggio, il pakistano racconterà la sua verità (lo difende l’avvocato Raffaella Parisi). Sarà sentito anche Roberto Papini, titolare del maneggio.
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