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CREMONA

Accusato di maltrattamenti sulla moglie: assolto per insufficienza di prove

Adil imputato per aver maltrattato e preso a calci e pugni all’addome (lesioni gravi) la compagna quando lei era incinta. La donna ha poi abortito. Lei non si è mai vista in aula

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

31 Gennaio 2023 - 18:54

Accusato di maltrattamenti sulla moglie: assolto per insufficienza di prove

Una scena di maltrattamento in una foto d'archivio

CREMONA - Si sono conosciuti su Facebook, dopo un paio di giorni si sono incontrati, è scattata la scintilla, una settimana dopo erano già marito e moglie. «Sono andato a chiedere la mano alla sua famiglia. Io non ho mai alzato le mani su di lei, non l’ho mai toccata». Entrato nell’aula penale da imputato di aver maltrattato la moglie tre volte giù in Marocco, in Italia di averla presa a calci e pugni all’addome (lesioni gravi) quando lei era incinta e ha poi abortito, Adil dall’aula è uscito assolto per insufficienza di prove. Lui si è difeso, la moglie che lo aveva querelato e che al processo si è costituita parte civile, in aula non si è mai presentata.


Davanti ai tre giudici donne, Adil è partito dall’inizio, dal 2007, l’anno in cui ha lasciato il Marocco per l’Italia. Nel 2019, durante un soggiorno nel suo Paese, sul social ha conosciuto la donna che in quattro e quattr’otto è diventata sua moglie. «Io sono poi tornato in Italia, lei è arrivata dopo con il visto. La sua famiglia in Marocco è ricca. Il problema è che mia moglie voleva vivere ad alto livello. Pensava all’Europa, a Milano. Ma io faccio un lavoro normale, non sono ricco. Discutevamo, ma non l’ho mai toccata. Lo sbaglio che abbiamo fatto tutti e che dovevamo conoscerci meglio».


Nella querela, la moglie aveva descritto Adil come un uomo gentile prima del matrimonio, poi violento, un marito che le vietava di uscire da sola. Altrimenti erano botte. «Sin da subito la convivenza è stata turbolenta, lui voleva tenerla sotto controllo. Ogni volta che contattava gli amici, erano insulti, minacce. Già in Marocco era stata ricoverata», ha detto l’avvocato di parte civile Micol Parati. Dal Marocco all’Italia. Il 16 febbraio del 2020 la donna portò il nipotino a prendere il gelato. Rincasata, «mio marito si è arrabbiato, mi ha picchiato sul viso, sulle gambe, mi ha afferrato per i capelli e mi ha sbattuto la testa sul comodino, si è tolto la cintura e ha continuato a picchiarmi», raccontò nella querela. Quella notte, la donna fu ricoverata per una minaccia di aborto. «Fu visitata - ha detto la ginecologa -. Se ci fossero state lesioni addominali, lividi in zona addominale, certamente sarebbero stati segnati in cartella clinica. Ma a livello addominale non c’era alcun tipo di lesione», ha detto la ginecologa. L’aborto fu messo in relazione? «Non posso dire che ci sia una correlazione».


L’ex moglie non si è mai vista in aula. «Non è stato possibile sentirla, non può essere provata la colpevolezza dell’imputato in relazione ai tre episodi di maltrattamento, per i quali chiedo l’assoluzione per insufficienza di prove», ha detto il pm Francesco Messina, per il quale, al contrario era «solido il quadro probatorio sulle lesioni», ma ha chiesto il «non doversi procedere», perché il reato si è prescritto. In denuncia, la signora ha detto il falso. Racconta una scena tremenda: calci, pugni, sberle, cinghiate e nella cartella clinica, come ha confermato la ginecologa, non c’è scritto nulla. Più medici l’hanno visitata, nessuno si avvede delle lesioni. Siamo di fronte ad un aborto spontaneo, evidentemente», ha incalzato il difensore.

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