L'ANALISI
26 Gennaio 2023 - 18:54
CREMA - La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso: è definitiva la sentenza di condanna a 3 mesi e 10 giorni di reclusione emessa due anni fa dalla Corte d’appello di Brescia nei confronti di Giampiera Gatti, milanese di 64 anni, nel 2013 medico all’accettazione del Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore, accusata di aver rubato spiccioli e caramelle dagli armadietti dei colleghi e degli infermieri.
Tanti furtarelli messi a segno nel locale accessibile solo al personale. Qui, durante le indagini nate dalle varie denunce, il 25 marzo del 2013, martedì, la polizia preparò la trappola: installò una telecamera e mise una banconota ‘civetta’ da 20 euro. Il camice bianco non era in servizio, ma entrò nel locale. Quel giorno finì agli arresti domiciliari.
«Con cadenza quasi quotidiana e spesso indossando dei guanti - è scritto nella motivazione della sentenza - il medico apriva gli armadietti e rovistava nei portafogli ivi riposti, come nei giubbotti e nelle borse. In sede di perquisizione era stata trovata in possesso della chiave utilizzata per aprire l’armadietto» della collega.
Nel primo processo con il rito abbreviato, fu disposta la perizia psichiatrica che individuò nel comportamento del camice bianco «sintomi da ricondurre alla cleptomania, simbolicamente espressivi di trasgressione nei confronti dell’ambiente di lavoro, vissuto come ostile, nonché nei confronti della propria rigida e ossessiva personalità». Alla Gatti fu riconosciuto un vizio parziale di mente, confermato nella sentenza d’appello.
Nel ricorso in Cassazione, l’avvocato Marco Severgnini aveva sostenuto la tesi della totale infermità di mente. Ma gli ermellini concordano con il ragionamento fatto dalla Corte d’appello che «ha considerato l’incompatibilità di uno stato soggettivo di totale obnubilazione mentale con lo svolgimento della normale vita lavorativa, peraltro nel medesimo ambiente in cui i fatti si sono verificati, e sottolineato la decisiva circostanza del ricorso agli accorgimenti utilizzati per la commissione dei furti (l’uso dei guanti) come sintomatici di un persistente stato di coscienza e della consapevolezza della illiceità delle condotte».
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