L'ANALISI
19 Gennaio 2023 - 16:57
La raffineria Tamoil a Cremona
CREMONA - Davanti al giudice Daniele Moro si è tenuta questa mattina la prima udienza della causa civile intentata dal Comune contro l’ex raffineria Tamoil. Il nodo sono i 40 milioni di risarcimento dei danni lamentati dal Comune a causa del disastro ambientale già certificato nel processo penale con la condanna definitiva arrivata il 25 settembre del 2018 dalla Corte di Cassazione nei confronti del manager Enrico Gilberti a 3 anni di reclusione per disastro ambientale colposo aggravata e la condanna a risarcire con una provvisionale di 1 milione di euro il Comune.
Richiesta esorbitante, i 40 milioni, per Tamoil Raffinazione, Tamoil Italia e il manager Gilberti (lui contumace) che oggi si sono costituiti in giudizio, assistiti dall’avvocato Ilaria Maspes, dello studio associato Gianni & Origoni di Milano. Tamoil non solo contesta la portata del disastro ambientale. Per la società petrolifera non sussiste il danno all’immagine della città e del Comune lamentato dal Comune stesso nelle 160 pagine di atto steso dall’avvocato Alessio Romanelli. Il quale cita la giurisprudenza consolidata si disastri ambientali italiani più rilevanti: il Vajont, Porto Marghera, il Seveso, il caso Thyssen, richiamando, anche per Tamoil, i i principi su cui si sono basati quelle sentenze, partendo dal presupposto che c’è una sentenza che ha già accertato il disastro ambientale causato dall’ex raffineria.
L'udienza è stata aggiornata al 25 luglio. Il giudice ha assegnato termine dal 28 marzo per il deposito delle memorie processuali, per la memoria istruttoria e per il deposito dei documenti. Tamoil si è costituita in giudizio contestando la rilevanza del disastro, definendolo «contenuto». Per i legali della raffineria cremonese, poi, "il danno di immagine per la città non esiste". "Esorbitante" è stata ritenuta la somma risarcitoria chiesta dal Comune.
Nella documentazione del Comune, un carteggio di 160 pagine, l'avvocato Alessio Romanelli si rifà ad una serie di sentenze su alcuni dei disastri ambientali italiani più rilevanti, come il Vajont, quello di Porto Marghera e quello di Seveso, richiamando, anche per Tamoil, i principi su cui si sono basati quei procedimenti giudiziari. Per la controparte, casi che nulla hanno a che vedere con quanto accaduto a Cremona. I danni chiesti dal Comune sono riferiti sia al profilo patrimoniale, a partire dalle spese sostenute per affrontare il problema dal punto di vista amministrativo, che a quello non patrimoniale, relativo al danno all’immagine della città e dell’ente pubblico e al danno all’identità storica, culturale e politica della città.
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