L'ANALISI
13 Gennaio 2023 - 17:51
CREMONA - Chiedere alle università percorsi di formazione specifica per chi lavora nelle Rsa, nelle diverse professionalità. Perché quel tipo di attività richiede e sviluppa competenze diverse da quelle che riguardano l’ospedale o il territorio. E il lavoro nelle Rsa merita pari dignità. È la proposta di Gianluigi Perati, che dal 1994 lavora alla Fondazione Vismara De Petri di San Bassano — associata all’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale (Uneba) — e della quale è direttore sanitario.
In una lettera al quotidiano Avvenire, Perati invita politica ed amministrazione ad «approfondire meglio il mondo della geriatria residenziale e territoriale, per evitare di colpire in modo improprio le nostre realtà», aggiungendo che «le persone anziane gravemente disabili non vivono sempre meglio a casa propria. Gli anziani fragili non sono tutti uguali. Occorrono servizi appropriati per le diverse situazioni. Se vogliamo dare vita ad una rete efficace, questa deve comprendere le Rsa, servizi di residenzialità leggera come case-famiglia o condomini solidali (e invece a volte la Rsa è l’unica risposta anche per persone con patologie meno gravi), e cure a domicilio intensive e puntuali».
Secondo Perati, «bisogna inoltre dare più dignità agli operatori. Lavorare nelle Rsa non deve essere un ripiego. I nostri medici, infermieri, Asa/Oss e fisioterapisti sviluppano competenze diverse dai colleghi negli ospedali e sul territorio. Serve una sensibilizzazione delle università, con specifici percorsi formativi di crescita per chi lavora nelle Rsa. Le reti famigliari, nella maggior parte dei casi non sono in grado di offrire assistenza continuativa 24 ore al giorno. Per questo ci si rivolge alle Rsa. La quasi totalità dei famigliari non riesce più a a gestire il proprio famigliare anziano a domicilio. Conosco le fatiche della famiglie, nelle quali magari il caregiver è uno solo, e non convivente. O i figli vivono lontano».
«Lavoro in Rsa dal 1991 - continua Perati -. Allora gli ospiti con decadimento cognitivo erano circa il 30%. Oggi nelle due sedi di San Bassano e Pizzighettone sono tra l’86% e il 90%. La maggioranza di loro senza problemi comportamentali, ma qualcuno sì. Per questo i Nuclei Alzheimer sono una risorsa. Le famiglie continuano a scegliere le Rsa, a dispetto di tanta denigrazione durante la pandemia: è un servizio necessario e apprezzato. La lista d’attesa qui l’abbiamo sempre avuta». Gli ospiti arrivano non solo da Cremona, ma anche dal Milanese e da fuori Lombardia. «E da anni la valutazione della customer satisfaction dà risultati soddisfacenti. Abbiamo anche la valutazione diretta degli ospiti, oltre a competenze che ospedali e territorio non hanno; e non devono restare dentro le nostre mura, ma essere patrimonio del territorio».
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