L'ANALISI
02 Gennaio 2023 - 19:51
SESTO - Mercoledì a mezzogiorno il «caso Bertarini» finisce sul tavolo del prefetto Corrado Conforto Galli. L’incontro è stato accordato dal massimo rappresentante del Governo in provincia ai sindacati, che alle istituzioni chiedono sostegno e solidarietà. A spaventare e preoccupare i cinquanta lavoratori dello stabilimento che lungo la provinciale 56 produce ravioli, esportati in Italia e all’estero, è il silenzio a dir poco assordante della proprietà, i Grandi Pastai Italiani del Gruppo De Martino con sede a Correggio. Proprio nella cittadina in provincia di Reggio Emilia sono stati traslocati in questi giorni, mentre il personale era in ferie e ci resterà fino a sabato, alcuni macchinari indispensabili per riprendere la produzione. L’episodio ha fatto rizzare le orecchie proprio agli operai che hanno alzato la voce.
«L’umore dei lavoratori è a terra — conferma Paola Marazzi segretario generale territoriale dalla Fai Cisl Asse del Po — soprattutto perché a tutt’oggi non abbiamo ancora ricevuto nessun riscontro da parte della proprietà e dunque abbiamo ufficializzato alla questura lo stato di agitazione, richiedendo anche di avere al tavolo la stessa proprietà, visto che al momento non ci hanno contattato; quindi abbiamo ritenuto opportuno coinvolgere la prefettura per riuscire ad avere risposte certe e chiare dall’azienda, anche perché il 9 si avvicina e in quella data i lavoratori dovrebbero rientrare dalle ferie. I vertici non hanno ufficializzato nessuna chiusura e al momento non ci hanno detto quale sarà la prospettiva».
A pesare è l’incognita legata al trasloco delle macchine: «Vogliamo capire come intendono ripartire – continua la sindacalista – e l’idea di ricominciare il lavoro senza gli strumenti necessari fa sorgere tanti dubbi; è vero che si potrebbe anche concretizzare, ma è ovvio che ce lo deve dire la proprietà e andare al lavoro in questa situazione di incertezza non è il massimo della vita».
Cisl e Cgil non demordono: «In questi giorni – annuncia Marazzi - io e il collega Zanoni ci attiveremo per contattare nuovamente la ditta che avrebbe dovuto convocare un consiglio di amministrazione straordinario a fine anno e da quell’incontro dovevano arrivare delle risposte: invieremo una mail per una ennesima richiesta di convocazione del tavolo sindacale nel quale crediamo, con l’obiettivo di capire una volta per tutte che intenzioni hanno, altrimenti tutti si presenteranno lunedì al lavoro che è l’unica cosa che possono fare. Se la proprietà vuole aprire una procedura – prosegue Marazzi — gli strumenti degli ammortizzatori sociali ci sono: si chiamano cassa integrazione ordinaria e cassa integrazione straordinaria, bisogna però prima di tutto capire qual è la volontà».
Il clima però è tutt’altro che sereno: «C’è comunque rabbia, pessimismo, rassegnazione e delusione – conclude Marazzi — per i tanti incontri che abbiamo fatto e che non hanno avuto la trasparenza che chiedevamo, abbiamo sempre chiesto di ottenere delle certezze, ma non le abbiamo mai ricevute, abbiamo chiesto trasparenza che i lavoratori hanno sempre dato, al contrario della proprietà; tanti lavoratori stanno già guardando oltre, ma Bertarini è la loro realtà, c’è gente che lavora qui da oltre 30 anni e sono soprattutto donne, il pensiero di cambiare vita non è facile e poi bisogna trovarle le nuove prospettive».
Massimo impegno anche da parte del collega MaurizioZanoni della Flai Cgil: «All’incontro di mercoledì – precisa l’esponente del sindacato di Maurizio Landini – sono state convocate tutte le parti, ma non so se si presenterà qualcuno della proprietà; sappiamo che a fine anno nel cda non hanno praticamente deciso nulla e si dovranno quindi riunire; questo silenzio alimenta i timori perché ci ricordiamo tutti come è nata questa vicenda: il 6 dicembre ci è stato detto che avrebbero chiuso lo stabilimento tre settimane per operazioni di manutenzione straordinaria, salvo poi scoprire che hanno iniziato lo smantellamento e questo comportamento non ci piace affatto perché qui si decide il destino di 50 persone che rischiano di perdere il lavoro e una proprietà che ha un minimo di coscienza non può comportarsi così».
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