L'ANALISI
30 Dicembre 2022 - 16:04
CREMONA - «Taivé» in lingua romanì, significa «filo»: è il filo che scorre tra le dita delle donne di etnia rom dei campi di Milano che cercano (e spesso trovano) una nuova vita nel laboratorio di cucito e stireria di Caritas Ambrosiana; ma è anche il filo che unisce luoghi, tradizioni e spiritualità di comunità vicine, unite dalla fede e dalla carità.
E un esempio di legame solidale tra Chiese vicine ha trovato proprio in questi giorni di festa un testimonial d’eccezione in Sant’Omobono, il patrono della città e della diocesi di Cremona, grazie ad un’iniziativa nata proprio nel nome del patrono dei sarti. Eccolo, il ponte solidale che ha unito la città del Torrazzo a quella della Madonnina: a Milano, sui tavoli da lavoro del laboratorio Taivé, sono arrivate le stoffe portate in offerta, come ogni 13 novembre, dai sarti cremonesi di Confartigianato come omaggio al Santo durante la celebrazione del pontificale in Cattedrale, come dono della Diocesi di Cremona per un’iniziativa concreta di carità.

Inaugurata nel 2009 da Caritas Ambrosiana attraverso la costituzione del primo gruppo di donne a cui è seguito un corso di formazione intensivo e l’apertura del laboratorio, la sartoria e stireria Taivè-un Filo per l’integrazione è nata infatti, con l’obiettivo di generare attraverso il lavoro e la socializzazione occasioni di emancipazione e integrazione per donne, spesso madri, costrette a vivere in condizioni di vita non dignitose. Il progetto negli anni ha aperto le porte a donne anche di diverse origini e nazionalità, italiane e straniere, in cerca di una via per il riscatto, coinvolgendo ad oggi, complessivamente, 40 donne in età lavorativa, dai 18 ai 50 anni.
«Taivè – spiega sul proprio sito Caritas Ambrosiana – è diventato così non solo un luogo di lavoro, ma una comunità di persone. Attorno alle macchine da cucire si ritrovano donne con storie, prospettive, idee del mondo diverse: le donne, le operatrici, le volontarie, le persone (in genere donne) del quartiere che entrano nel negozio come clienti».

Le stoffe, che nel nome del sarto dei poveri sono arrivate da Cremona, diventeranno foulard, borse, abiti nuovi o riparazioni per il recupero e la rigenerazione di vestiti dismessi. Ma soprattutto sono un messaggio di fraternità e di attenzione agli ultimi che in tutto e per tutto incarna il messaggio con cui da oltre otto secoli sant’Omobono indica la strada del bene, con la sua storia esemplare la comunità cristiana e civile di Cremona.
«Ed è proprio così — spiega la Diocesi retta dal vescovo Antonio Napolioni nel servizio dedicato dal proprio sito alla donazione — che il bene condiviso continua così a tessere la sua trama silenziosa, capace di avvolgere, scaldare e colorare anche gli angoli più dimenticati del nostro mondo».
Nel nome di Omobono. Il sarto degli ultimi.
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