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VERIFICHE IN CORSO SULLO STADIO

«Zini», sulla concessione i fari dell’Anticorruzione

Sollecitata da segnalazioni, l’Anac sta verificando il rispetto delle norme di assegnazione. Sotto la lente la congruità dell’affitto simbolico a un euro, a fronte di migliorie milionarie

Marco Bencivenga

Email:

mbencivenga@laprovinciacr.it

16 Dicembre 2022 - 05:00

«Zini», sulla concessione i fari dell’Anticorruzione

Lo stadio Giovanni Zini come si presenta oggi, dopo gli interventi di adeguamento per la Serie A

CREMONA - Da un lato le buone intenzioni, dall’altro (secondo un teorema tutto da dimostrare) il possibile mancato rispetto di alcune regole. Su un piatto della bilancia gli sforzi, gli investimenti, il bene comune; sull’altro la correttezza delle procedure seguite. Fra questi due estremi si gioca la partita dello stadio «Zini», impianto sportivo di proprietà del Comune di Cremona in uso all’Us Cremonese sul quale ha aperto un’istruttoria l’Autorità Nazionale Anticorruzione.


Tutto nasce da alcune segnalazioni che l’Anac ha ricevuto nei mesi scorsi e che, da prassi, hanno fatto scattare una serie di accertamenti d’ufficio. Due gli oggetti del contendere: la congruità della convenzione stipulata fra le parti (il Comune e il club sportivo) e il rispetto delle norme sulla libera concorrenza. Secondo l’Anac, per entrambe le questioni a Cremona è necessaria una verifica, anche perché in Italia non sempre il buon senso coincide esattamente con ciò che prevedono le leggi.

Un'immagine dello stadio Giovanni Zini scattata prima degli interventi di adeguamento per la Serie A 

Metti per esempio che un Comune sia proprietario di un impianto sportivo che necessita di manutenzione o addirittura di una ristrutturazione straordinaria, ma non abbia i soldi per realizzare tali interventi: meglio lasciare tutto com’è o accettare che sia il gestore a farsene carico? Nel caso: tali spese vanno riconosciute e compensate, fino a ridurre a una cifra simbolica il canone di affitto, o devono essere considerate un gentile omaggio? Nel primo caso si rischia di favorire un singolo soggetto privato, perché magari allo stesso canone d’affitto altri avrebbero potuto ambire alla gestione dell’impianto, o - semplicemente - si sta dotando la città di uno stadio che altrimenti non esisterebbe, tanto da impedire alla squadra di casa di partecipare al campionato di competenza?

A questi quesiti sta cercando di trovare risposta l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che il 13 e il 14 ottobre scorsi ha effettuato un’ispezione negli uffici del Comune di Cremona e, dopo aver raccolto la documentazione relativa all’affidamento in concessione all’Us Cremonese dello stadio «Giovanni Zini» dal 2002 a oggi, nel corso del Consiglio del 7 dicembre ha approvato l’istruttoria degli ispettori, dando 30 giorni di tempo per chiarire gli aspetti al momento non definiti.

L’Autorità, in particolare, contesta al Comune possibili violazioni in materia di contratti pubblici e aggiramento del principio di concorrenza. Secondo Anac, in sostanza, il Comune per affidare lo stadio alla società sportiva avrebbe dovuto indire un bando o un’ altra procedura di selezione pubblica a «mercato aperto». Invece, negli ultimi vent’anni (quindi a cavallo di ben cinque diverse Amministrazioni comunali) avrebbe sempre assegnato la gestione dell’impianto all’Us Cremonese in via discrezionale, protraendo nel tempo l’affidamento attraverso «plurime, illegittime clausole di rinnovo».

Non solo: secondo l’Anac, in tutti questi anni il Comune avrebbe chiesto alla società sportiva un canone di concessione irrisorio (un euro per ciascuna stagione sportiva), «non congruo rispetto al tipo di affidamento, e – come tale – assolutamente antieconomico, a esclusivo vantaggio del privato concessionario», comprendendo nel conto anche i possibili ricavi derivanti dallo sfruttamento degli spazi pubblicitari e dall’attività del bar interno allo stadio.

L’unico modo per sbrogliare la matassa è tornare al quesito di partenza, vero nodo gordiano di tutta la vicenda: quanto valgono i lavori effettuati? Se per ipotesi le migliorie realizzate dal privato ammontano a 10 milioni di euro e hanno fatto lievitare il valore dell’immobile (rimasto di proprietà pubblica) il Comune avrebbe concesso un indebito vantaggio a un privato o ne avrebbe beneficiato? Si può ipotizzare che i 10 milioni di euro investiti dal gestore-utilizzatore dell’impianto, spalmati in vent’anni, sono l’equivalente «in natura» di un canone d’affitto da 500 mila euro l’anno? O fa testo solo il contratto simbolico da un euro? E il famoso terzo incomodo - quello pronto a partecipare al bando per l’assegnazione della concessione in concorrenza all’Us Cremonese - se anche avesse offerto di più, quali lavori avrebbe eseguito? Di conseguenza, quanto avrebbe valorizzato (oppure no) l’impianto di proprietà del Comune?

I dubbi sono legittimi, anche se - naturalmente - il ragionamento deve trovare riscontro in atti ufficiali: non può valere in astratto, ma deve essere normato da una convenzione. Ed è questo aspetto al vaglio dell’Anac, che giudica «non trasparenti» le procedure seguite fissando la nuova scadenza della convenzione al 30 giugno 2037 - e non a caso - contesta al Comune l’illegittimità della previsione anticoncorrenziale contenuta nelle convenzioni di volta in volta rinnovate, in sostanza l’obbligo per l’eventuale terzo acquirente di rimborsare alla Cremonese le spese sostenute durante il tempo della concessione.


L’Anac sta verificando anche l’osservanza di alcune norme del Codice dei contratti relative ai lavori affidati dal Comune alla concessionaria (la società sportiva) e da questa a terzi. Nei prossimi 30 giorni il Comune presenterà le sue controdeduzioni. Dopo di che, il caso sarà chiuso. O le risultanze istruttorie dell’Anac diventeranno esecutive.

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