L'ANALISI
15 Dicembre 2022 - 18:16
CREMONA - Nel processo penale sul disastro ambientale causato da Tamoil, hanno fatto fronte Comune contro l’ex raffineria del colosso libico, l’una e l’altro parte civile. Ora la canottieri Bissolati trascina davanti al Tar il comune, perché «la barriera idraulica è inadeguata: gli idrocarburi ‘freschi’, dunque non residui, continuano a contaminare il terreno della canottieri». Nel mirino è finito il «decreto dirigenziale di conclusione positiva della Conferenza dei Servizi», decreto illegittimo, sostiene la canottieri Bissolati, che ai giudici amministrativi ne chiede l’annullamento. Il nodo è, dunque, la barriera idraulica per contenere i danni ambientali.
Filippo Rizzi, avvocato, vice presidente della canottieri sul Po, spiega: «Riteniamo che la barriera creata da Tamoil non sia sufficiente e, quindi, abbiamo chiesto più volte al Comune, in Conferenza dei servizi, che venisse modificata l’attività di valutazione, di aspirazione e carotaggio del terreno per vedere dove fosse e in quale quantità, la presenza di idrocarburi sotto il nostro terreno. Ma ciò non è mai stato fatto. Dopo l’ultimo rigetto alla nostra richiesta di modificare l’attività di indagine, abbiamo deciso di impugnare il provvedimento del Comune davanti al Tar».
Un ricorso da una ventina di pagine contro il Comune, ma anche contro la Provincia, l’Arpa Lombardia, l’Arpa dipartimento di Cremona, l’Ats Valpadana, e nei confronti di Tamoil Raffinazione spa, Tamil servizi logistici e Tamoil Italia spa. Nel ricorso, gli avvocati di Bissolati, Gian Pietro Gennari, Claudio Tampelli e Maria Ughetta Bini, annotano: «Il provvedimento impugnato si colloca all’interno del procedimento, tutt’ora in corso, di ripristino ambientale nel terreno insaturo e nell’acqua di falda delle aree esterne alla Raffineria Tamoil, sulla sorta di progetto operativo approvato ben dieci anni orsono, finalizzato al recupero di prodotto surnatante, obiettivo ad oggi non ancora raggiunto».
«Tanto i periti nominati nel processo penale - proseguono i legali della Canottieri - quanto quelli nominati nel procedimento tecnico preventivo promosso dalla Bissolati si sono concordemente espressi nel senso sia della inadeguatezza della barriera idraulica ad impedire il deflusso degli inquinanti dall’area Tamoil verso quella della canottieri che nella riconducibilità dello stato di contaminazione di questa al passaggio degli idrocarburi provenienti dall’area Tamoil».
Nel ricorso, si evidenzia, tra gli altri, che «la Conferenza dei servizi, coerentemente alle dichiarazioni e agli impegni assunti, avrebbe dovuto essere il luogo della valutazione delle risultanze dell’accertamento tecnico e dell’adozione di decisioni coerenti e congruenti con i giudizi tecnici espressi dai periti, anche relativamente alla problematica della inidoneità ed efficacia della barriera idraulica, della necessità di revisione dell’Analisi dei rischi e del modello concettuale utilizzato».
Ma «dalla lettura del provvedimento conclusivo qui impugnato nonché dei verbali delle Conferenze sia istruttorie sia decisorie così come dalla lettura dei pareri della Provincia e di Arpa resi all’interno del procedimento, emerge, invece, che non vi è stata alcuna valutazione delle carenze accertate in sede di accertamento tecnico preventivo né tanto meno di esplicitazione delle motivazioni in forza delle quali sono state disattese le motivate ragioni di opposizione di Bissolati all’approvazione del progetto. Il provvedimento è quindi illegittimo per difetto di istruttoria, omesso e comunque erroneo apprezzamento dei fatti nonché per difetto di motivazione».
«Noi da anni - sottolinea il vicepresidente Rizzi — sosteniamo che questo inquinamento sia costante, che la barriera da loro utilizzata e che doveva essere attiva da tempo, non è sufficiente. I carotaggi non solo hanno dimostrato che alcune sostanze inquinanti sono ancora presenti, ma che queste sostanze sono abbastanza recenti. Ciò significa che qualcosa è nuovamente passato o che, comunque, stanno nuovamente lavorando. A noi non è data la possibilità di accedere alla loro area, quindi non sappiamo che cosa stiano facendo. Ma continua ad esserci un percolamento di sostanze inquinanti nel nostro terreno. Ci sono conseguenze legate alle nostre strutture che creano un danno costante, permanente».
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