L'ANALISI
TRAGEDIA SULLE DOLOMITI
13 Dicembre 2022 - 19:12
CREMONA - Sono ore piene di dolore quelle che vivono i parenti e i tanti amici di Alessandro De Marchi, il 44enne di Cremona morto a seguito delle lesioni riportate dopo essere stato travolto da una valanga mentre sciava tra la val San Nicolò e la Val di Fassa, nelle Dolomiti. De Marchi, manager addetto alle vendite della Enetec Spa, azienda con sedi a Bolzano e a Verolanuova, risiedeva in città ed era molto conosciuto.
La tragedia è iniziata sabato, quando, il 44enne si trovava in quota con altri sei appassionati, tutti vicentini provenienti dalla zona di Schio e tutti più giovani di lui, età compresa fra i 20 e i 25 anni. A seguito della valanga, De Marchi è finito sotto due metri di neve e vi è rimasto poco più di un’ora. Quando lo hanno estratto era stato di ipotermia e faticava a respirare. Quindi il trasporto nella massima urgenza verso il reparto di Rianimazione dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dove il 44enne è morto nel primo pomeriggio dell’altro ieri, a 48 ore dal soccorso.
Gli istanti terribili che sono costati la vita a De Marchi sono stati ripercorsi da uno degli sciatori, il 24enne Arturo Tomiello, 24 anni, originario di Schio (Vicenza) e residente a Trento. È stato raggiunto da un giornalista di ‘Bresciaoggi’ nelle ore successive la morte del 44enne. Tomiello, trascinato per circa 300 metri e poi rimasto semi sepolto dalla neve, è riuscito a liberarsi e a lanciare l’allarme al 118. È stato anche il primo a cercare il cremonese che faceva loro da guida.
«La fortuna ha giocato un ruolo importante, ma anche i corsi che avevo frequentato, in cui s’insegna come comportarsi in caso di valanga, sono stati utili. Stavamo salendo – ha spiegato Tomiello – quando ad un certo punto ci siamo allontanati tra di noi, anche per una questione di sicurezza, e abbiamo acceso gli Arva (apparecchio che rilascia onde in grado di rivelare la posizione di una persona sepolta sotto la neve, ndr). Eravamo in 3, davanti, uno più lontano, Alessandro e io. D’improvviso, ho sentito un rumore dall’alto, ho alzato gli occhi e ho visto la neve che ci arrivava contro».
«Quando sono stato investito dalla valanga - continua -, ho fatto il possibile per stare nella maniera più dritta e stabile possibile. So come comportarmi, il fatto di aver fatto dei corsi e di essere riuscito a mantenere la calma in quel momento mi ha aiutato a stare a galla. Ho tenuto in basso gli sci e aperto le gambe per avere stabilità, ho tolto le racchette che altrimenti mi avrebbero spezzato i polsi e ho tenuto le mani davanti al viso per avere una bolla d’aria nel caso fossi rimasto sepolto. In certi momenti andavo sotto con la testa, vedevo tutto blu, poi riemergevo, è durato una ventina di secondi. Siamo stati trascinati per 300 metri, era come un fiume». Tomiello è stato trasportato all’ospedale di Cavalese, dal quale è stato dimesso domenica con una prognosi di una settimana.
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