L'ANALISI
LA TESTIMONIANZA
08 Dicembre 2022 - 16:04
Elisabetta Bondioni, Anahita Zamani e Francesca Morandi
CREMONA - "Donna, vita, libertà". Tre parole che da 43 anni non si pronunciavano nell’Iran oggi in rivolta dopo l’uccisione, lo scorso settembre, di Masha Amini, 22 anni, la ragazza curda iraniana picchiata a morte dalla polizia religiosa, perché dal hijab (il velo) sfuggiva una ciocca di capelli. Una rivoluzione diversa, nata dal basso, con il passaparola e che via via ha coinvolto chiunque, intellettuali e gente comune, si e estesa in tutte le province dell’Iran, nelle città anche più conservatrici. "Una rivoluzione moderna" dice Anahita Zamani, 29 anni, l’infanzia e l’adolescenza trascorse a Teheran, dove vivono i suoi genitori e i suo fratelli. Dopo la maturità al liceo Scientifico, Anahita ha studiato in Italia, il Politecnico (Milano e Genova), laurea in design navale. Anahita ha vissuto a Cremona, l’amore l’ha portata a Piacenza, l’attuale lavoro a Bergamo.
A Cremona lei si fa megafono delle richieste che arrivano dall’Iran dove "l’unica soluzione è la rivoluzione", purché i mass media tengano accesi i riflettori, purché la politica faccia sentire la sua voce.
"Espellere dall’Italia gli ambasciatori e chi collabora con la Repubblica Islamica. Riconoscere la rivoluzione e non trattare più con il regime islamico, non riconoscerlo come Stato. Noi siamo in strada, perché gli iraniani si sono ribellati contro il loro governo, chiediamo alla politica italiana di aiutarci, chiediamo di combattere per i diritti umani in Iran. E’ in corso una crisi umanitaria: oltre ad ammazzare la gente e i bambini per strada, molte donne e uomini sono in c, donne e uomini in carcere, impiccheranno gli arrestati".
Relatrice alla conferenza dal titolo "Donne e libertà in Iran" organizzata dal Soroptimist Club Cremona (presidente Elisabetta Bondioni) nell'ambito della campagna Orange The World 2022, nel dialogare con la giornalista Francesca Morandi, Anahita, lunghi capelli neri e occhi scuri profondi, un mix di dolcezza e di temperamento, oggi sarebbe in prima fila a protestare, anche a rischio di essere arrestata o uccisa, lei che per strada scese con suo cugino a manifestare nel 2009, l’anno delle contestazioni contro i brogli elettorali per la rielezione "truccata" del presidente Mahmud Ahmadinejad.
Anhaita aveva 17 anni, era all’ultimo anno di liceo. "Allora lo slogan era ‘Dov’è il mio voto’. In quel periodo mia madre mi diceva di non andare a protestare. Una volta si è arrabbiata tantissimo. Mi ha detto: ‘Studia, diventa qualcuno, così quando ti uccidono ti intitolano una strada". La repressione della protesta "diventò molto violenta e abbiamo smesso. All’inizio ci eravamo dati appuntamento alle 9 di sera ad urlare dalle finestre: ‘Noi vinciamo’, insieme non abbiamo paura’, poi non si protestò più".
Stavolta, no. Stavolta, è diverso.
Anahita riavvolge i fili della storia. "La rivoluzione islamica, 43 anni fa, ha cambiato molte cose. Hanno imposto molte regole islamiche, non solo per le donne, per tutti. Avevano dato molto speranza alle persone ‘Siamo un paese ricco’ ,dicevano. E invece, dopo due, tre anni hanno messo la regola del’ hijab". E insieme ai divieti, le torture, come le frustate. Settanta se ne presero i suoi fratelli, fermati dalla polizia religiosa, perché avevano bevuto. Non se le dimentica Anahita quelle frustate: "E’ come se le avessi vissute sulla mia pelle".
Una "rivoluzione moderna", stavolta, perché abbiamo potuto spargere le notizie velocemente con l’hashtag che ha fatto traboccare il vaso. All’inizio, non ci credeva nemmeno lei che la protesta potesse assumere tale portata. Pensava che si esaurisse alla svelta, come nel 2009. "Invece, dalla seconda settimana in poi ho detto: ’No, questa volta è diversa, le persone sono molto arrabbiate". E lo sono, in Iran "per le tante cose successe in Iran. Ho cercato di ricordarmi ciò che è accaduto dai miei 18 anni in poi, per spiegare perché la gente è così arrabbiata e non ha paura di perdere la vita durante la protesta". Le ha messe in fila anno per anno "le cose accadute": nel 2009 la protesta contro i brogli elettorali, nel 2017 l’incendio e il collasso del grattacielo di Plasco per mancanza di manutenzione - "Più di 20 vigili del fuoco morirono" - , nel 2019 "le proteste per il prezzo del petrolio, quando hanno chiuso completamente l’accesso ad Internet ed in soli 3 giorni hanno ucciso 1500 persone, una tragedia"; nel 2020 l’aereo ( il volo Ps752) con gli iraniani diretti in Canada abbattuto con due missili: 176 vittime, tra cui una mamma con la sia figlioletta. Il marito le aspettava in aeroporto in Canada.
Nel 2021 la negazione dell’utilizzo del vaccino Pfizer "in quanto americano. Le persone sono morte, capite quanto dolore e quanta rabbia". Nel 2022 il crollo del Metropol, un nuovo edificio del governo tirato su con materiale scarsi. "Molte persone avevano investito i soldi. E’ stata l’ultima scintilla. Adesso ci arrivano i video dove entrano nelle città curde e sparano, uccidono anche i bambini. C’è una rabbia immensa".
Le donne hanno preso in mano la protesta, gli uomini sono al loro fianco. "Non è una novità. Quando si pensa ad un paese musulmano – spiega Anahita – si pensa che gli uomini siano contro le donne, invece in Iran è diverso, soprattutto dopo la rivoluzione islamica. Prima la gente era molto religiosa, 44 anni fa tra donne e uomini c’era molto distacco. Dopo, il governo, il regime ha messo molte regole contro la libertà e le famiglie si sono riunite. In Iran si festeggia in casa, si fanno le feste private di nascosto. Io ho festeggiato con i miei fratelli e con i suoi amici. Prima della rivoluzione islamica non sarebbe mai accaduto che mio fratello invitasse i suoi amici in casa dove c’era sua sorella e sua madre".
"Una rivoluzione moderna". "Un’altra novità: le persone religiose sono accanto a chi non vuole il velo. Le donne con il chador che incoraggiano: non si era mai visto prima". Un regime che non guarda in faccia nessuno: la figlia dello Ayatollah supremo è stata arrestata ."Ha paragonato lo Ayatollah a Mussolini e a Hitler, questa volta la protesta non è solo a Teheran, ma si né estesa a tutte le città e le province". Si commuove Anahita nel raccontare la storia di Khoda Nur, "Luce di Dio" attivista arrestato e poi ucciso. Aveva 23 anni. O la storia di Sarina, 16 anni, uccisa anche lei "nelle prime settimane delle proteste".
Mette in guardia dalla propaganda: "Non dobbiamo dare voce alla notizia sull’abolizione della polizia morale, il New York Times ha scritto che è una vittoria delle proteste: non è così. E’ solo una propaganda, ma anche se lo facessero davvero, non cambia: le persone vogliono un radicale cambiamento". E dalle fake news governative. "Il governo è bugiardo, hanno detto che si è suicidata. Hanno detto che si è suicidata. Invece, quando hanno trovato il corpo, hanno visto che cosa le era successo. Lo stesso è accaduto ad un’altra ragazza. Era sparita per qualche giorno, hanno detto che è stata trovata a terra, per strada. Hanno detto che era caduta. Non hanno voluto dare il suo cadavere ai familiari all’inizio, ma quando sono riusciti ad ottenerlo, nel momento del funerale il Governo ha rubato il cadavere affinché la madre non potesse vederlo".
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