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Sottopasso di via Brescia: respinta la richiesta di risarcimento

Causa civile vinta dal Comune. Rigettata la domanda di una residente proprietaria di un palazzo: per il giudice, l’infrastruttura «non ha arrecato pregiudizi all’immobile e non lo ha deprezzato»

La Provincia Redazione

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28 Novembre 2022 - 20:07

Sottopasso di via Brescia: respinta la richiesta di risarcimento

CREMONA - La realizzazione del sottopasso di via Brescia non ha arrecato pregiudizi all’immobile situato all’angolo con via Cavo Cerca. In particolare, non ha subito un deprezzamento di circa il 30%, pari a 140 mila euro, la palazzina di quattro piani in tutto, il piano terra e quello interrato, affittati al titolare di ‘Nonsolo pizza’, con accesso al civico 121 di via Brescia.

Lo ha stabilito il giudice, Antonia Gradi, che nella causa civile intentata contro il Comune ha rigettato la domanda della proprietaria di essere indennizzata dall’ente, assistito dall’avvocato Enrico Cistriani.

Nella causa, la proprietaria aveva lamentato che la realizzazione del sottopassaggio (dall’agosto del 2013 al maggio del 2015) a suo dire determinò «un sensibile aumento delle immissioni di vibrazioni, rumore e scarichi nell’immobile». Ma la circostanza «non ha trovato riscontro», scrive il giudice nelle 11 pagine di motivazione della sentenza, accogliendo le argomentazioni del Comune, che ha dimostrato come l’eliminazione del passaggio a livello abbia determinato un «sensibile miglioramento della situazione ambientale».

Prima della realizzazione del sottopasso, tra le cinque del mattino e le undici di sera, il passaggio chiudeva ben 63 volte, creando incolonnamenti lungo via Brescia. Con la realizzazione del sottopasso, «al contrario — ha sostenuto il Comune — le automobili dovevano transitare a velocità moderata, visto il limite di 20 chilometri all’ora e la presenza di dissuasori all’imbocco e all’uscita del sottopasso».

Annota il giudice: «Quanto al prorogarsi di vibrazioni, si osserva che è certamente possibile, ed appare anzi probabile, che nel corso della realizzazione del sottopasso l’esecuzione dei lavori abbia determinato vibrazioni percepite anche negli immobili posti nelle vicinanze del cantiere».

Ma l’azione promossa dalla proprietaria riguarda «un pregiudizio permanente cagionato all’immobile e dagli accertamenti svolti dal consulente tecnico non è emerso che l’infrastruttura determini il prodursi di vibrazioni percepite nell’immobile della proprietaria».

La stessa considerazione vale con riferimento alle immissioni di rumore e scarichi.

«Sul punto, peraltro — sottolinea ancora il giudice — non può non osservarsi che la diminuzione del flusso di veicoli a motore (in ragione del divieto di transito per mezzi di altezza superiore a 2,40 metri e della percorrenza a senso unico del sottopasso), la maggiore distanza attualmente esistente tra la corsia destinata al flusso di veicoli a motore e l’immobile (in ragione della creazione della pista ciclopedonale che si frappone tra la prima e il secondo) ed infine la stessa eliminazione del passaggio a livello ferroviario (e, conseguentemente, dei veicoli incolonnati in occasione delle chiusure del passaggio al livello stesso) non possono che aver determinato una riduzione e non una amplificazione sia delle emissioni rumorose sia degli scarichi, con conseguenti benefici in termini ambientali».
La proprietaria aveva inoltre lamentato «conseguenze pregiudizievoli in termini di accessibilità dell’immobile, accessibilità gravemente ostacolata dal complessivo intervento realizzato».
Non è così per il giudice. «L’immobile — evidenzia — non ha subito modifiche negli accessi che avvengono sempre da via Cavo Cerca e da via Brescia per quanto attiene all’ingresso della pizzeria da asporto».
Secondo la consulenza tecnica, prima della realizzazione del sottopasso, «in entrambi i sensi di marcia, i veicoli notavano la vetrina» e, quindi, «potevano decidere di sostare o parcheggiare per accedere alla pizzeria d’asporto», mentre con il sottopassaggio, «i veicolo in entrata difficilmente notano la vetrina, trovandola occultata dal parapetto con cancellata», mentre «i veicoli in uscita sono stati deviati per altre vie a centinaia di metri dalla pizzeria stessa».
Ma si tratta di «variazioni che non hanno mutato le caratteristiche tecniche (dimensione, posizione e tipologia) della parte commerciale. Ne hanno mutato «la praticità e la comodità».
L’unica modifica che attiene direttamente alle modalità di accesso all’immobile per cui è causa, prosegue il giudice, «concerne la via Cavo Cerca che, non potendo più immettersi su via Brescia è stata trasformata da strada a senso unico a strada a doppio senso di marcia. Si tratta, però, di una modifica che non è tale da costituire un vincolo suscettibile di menomare le facoltà di godimento dell’immobile, che rimangono immutate, Inoltre, trattasi di una modifica che, seppure resa necessaria dalla realizzazione del sottopasso, avrebbe potuto essere adottata anche indipendentemente dalla realizzazione dell’opera, nell’ambito delle (invero non frequenti) modifiche della viabilità».
E ancora: «Sotto tale profilo, si ritiene che il privato non possa vantare nei confronti della Pubblica amministrazione, in ogni caso, una sorta di diritto al mantenimento dello status viabilistico e degli assetti urbanistici esistenti in una certa zona ad una certa data e che l’indennizzo spettante sia volto a tutelare situazioni di effettivo e concreto disagio che, pur non comportando esproprio, incidano sul bene interessato in modo talmente eccezionale da limitarne fortemente il diritto dominicale».
Per il giudice non è questo il caso della palazzina.

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