L'ANALISI
21 Novembre 2022 - 10:41
Uno degli arresti operati dall’Arma nell’ambito dell’operazione Aemilia
CREMONA - Il maxi processo Aemilia – 240 imputati, poi condannati per mafia, addirittura si dovette costruire un’aula apposita – diventa una docufiction. Si tratta del racconto sull’infiltrazione della ’ndrangheta nei gangli vitali del tessuto socio-politico di alcune zone dell’Emilia Romagna. Una coproduzione Rai Fiction e Fidelio, che si rivela di grande attualità all’indomani delle condanne. Questa forma di criminalità organizzata aveva esteso i suoi tentacoli anche al territorio provinciale.
Grazie alla visione di servitori dello Stato lungimiranti e coraggiosi, le indagini avevano portato già nel 2015 alla richiesta di oltre 200 arresti non solo di uomini di ‘ndrangheta, ma anche professionisti, amministratori, politici, dirigenti d'impresa, rappresentanti delle forze dell’ordine, molti nati e cresciuti in Emilia-Romagna. La fiction «Aemilia 240», dal nome del maxi processo, narra dell’esistenza sul territorio di una nuova forma di criminalità organizzata.
Attraverso le testimonianze degli investigatori e le voci da dentro della ’ndrangheta (le intercettazioni audio e video fatte a carico degli imputati), le indagini iniziate nel 2010 e terminate nel 2014, certificarono l’esistenza di una mafia 2.0. Stop a sequestri, pizzo e narcotraffico. Si presentava in giacca e cravatta, producendo fiumi di denaro a danno della comunità, inquinando l’economia legale e distorcendo il mercato.
La produzione è di Silvio Maselli e Daniele Basilio, con il sostegno della Regione, attraverso Emilia-Romagna Film Commission. La messa in onda non è ancora stata programmata. La regia è di Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami, la sceneggiatura vede la collaborazione di Paolo Bonacini, all’epoca dei fatti giornalista di TeleReggio, e la consulenza del giornalista d’inchiesta di Giovanni Tizian.
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