L'ANALISI
21 Novembre 2022 - 05:20
CREMONA - Sono raddoppiati nell’ultimo anno i provvedimenti interdittivi antimafia emanati dalla Prefettura. Dai due del 2021, si è passati ai quattro (dato aggiornato alla settimana appena conclusa): quasi il 30% di quelli che sono stati emessi negli ultimi otto anni. Dal 2014 il totale è 12 provvedimenti. Le interdittive sono disposizioni previste dal codice antimafia, che hanno lo scopo di prevenire le infiltrazioni mafiose nel mercato. Anche in assenza di condanne definitive, i prefetti possono disporre il divieto per alcuni soggetti di fare affari con la Pubblica amministrazione e beneficiare quindi di fondi pubblici. Devono però esistere elementi oggettivi che gettino sospetti fondati sulla trasparenza dei destinatari del mandato, come rinvii a giudizio per gravi reati, o misure cautelari disposte da un tribunale.
«In questo genere di attività l’attenzione delle forze di polizia è sempre molto elevata – sottolinea il prefetto Corrado Conforto Galli – evidente che ci sia un radicamento della criminalità organizzata anche nel territorio provinciale. Ci muoviamo su mandato dell’autorità giudiziaria, con attenzione per ogni segnale precursore. Come Prefettura interveniamo con le interdittive e con il gruppo operativo interforze insieme alla Dia». La presenza mafiosa nel territorio è descritta nella relazione sullo stato di attuazione della legge regionale che disciplina gli interventi regionali per la prevenzione e il contrasto della criminalità organizzata e per la promozione della cultura della legalità.
«Si assiste, soprattutto negli ultimi anni, – si legge nel capitolo dedicato al territorio – a una centralità crescente delle ‘ndrine cutresi, sulla base anche del prolungamento territoriale della cosca Grande Aracri, inizialmente insediata in Emilia. Dagli anni duemila la presenza ‘ndranghetista riguarda soprattutto, i clan crotonesi, in particolare quello riconducibile a Nicolino Grande Aracri e al suo referente per Cremona, Francesco Lamanna. Per quanto riguarda, invece, la presenza di altre organizzazioni di stampo mafioso, si segnala Cosa nostra, soprattutto nel Cremasco, e alcuni affiliati di alcuni clan di camorra, attivi nel riciclaggio di proventi illeciti. Nel novembre 2020, infatti, è stata eseguita una confisca di beni del valore complessivo di diciassette milioni di euro ai danni di soggetti ritenuti appartenenti alla ’ndrina capeggiata dal boss Grande Aracri».
Si è trattato dell’inchiesta denominata Demetra, che ha preso spunto da un episodio di usura ai danni di un imprenditore cremonese da parte di un usuraio piacentino. «Ha fatto emergere ancora una volta – prosegue il report – gli interessi delle ’ndrine crotonesi nell’area, per ora circoscritta, della Lombardia orientale. Nel gennaio 2022, invece, vengono sequestrate «cinque società con i relativi compendi aziendali, sei immobili, due auto e numerosi rapporti bancari» ad un imprenditore edile, S.C., originario di Cutro, ma residente a Cremona, e, secondo i collaboratori di giustizia, appartenente alla ’ndrangheta sin dalla metà degli anni Novanta».
Oltre agli investimenti della ’ndrangheta, al traffico di stupefacenti, alle estorsioni, ai frequenti episodi di usura e al controllo di una parte della filiera legata all’edilizia, si nota (anche a fronte dei numerosi arresti degli ultimi anni) un ricambio generazionale in atto. «Lo segnala il docente e scrittore Stefano Prandini – prosegue il rapporto della Regione –: riescono così a mantenere saldamente il controllo del territorio grazie ad affiliati interni alle stesse famiglie originarie di Cutro e Isola di Capo Rizzuto. Natio di quest’ultimo Comune calabrese è un commercialista e contabile, già noto per i suoi rapporti collaborativi con esponenti della criminalità organizzata sia siciliana, sia calabrese, ai quali offriva soluzioni per coprire e reimpiegare capitali illeciti accumulati attraverso estorsioni e reati fiscali, con la copertura di società cooperative attive nel terziario».
«Quest’ultimo, R.C., residente da anni a Palazzo Pignano, è al centro dell’operazione Cash Away, che riguarda un’associazione a delinquere transnazionale, attiva a Milano, con ramificazioni nelle province di Cremona e Brescia e in diversi Paesi europei ed extracomunitari. Nonostante, non sia mai stato condannato per associazione mafiosa, R.C. subisce comunque nel 2016 un’enorme confisca per cinque milioni di euro, in quanto, secondo gli inquirenti, aveva costruito «una fitta rete di prestanome e società per schermare un patrimonio accumulato attraverso l’evasione fiscale, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e il favoreggiamento all’immigrazione clandestina».
In merito ai beni confiscati, il report segnala inoltre, «la vicenda che ha riguardato L.S., nel comune di Spino d’Adda, ritenuto dagli inquirenti «socialmente pericoloso», nonostante la confisca di beni mobili e immobili (per un valore di circa venticinque milioni di euro) sia riconducibile a reati di frode fiscale».
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