L'ANALISI
STATI GENERALI DELLA SIDERURGIA
28 Ottobre 2022 - 18:10
Il Cavaliere Arvedi durante l'intervista
MILANO - La persona e le sue capacità al centro, ma anche parole nette e dure contro la speculazione che si è scatenata sui prezzi del gas e dell’energia elettrica, un richiamo alla politica («noi facciamo il nostro dovere, spesso perfino i miracoli, ma le decisioni di indirizzo devono arrivare dall’alto») ed uno altrettanto esplicito ai sindacati («Dove siete, dove eravate quando quella speculazione falcidiava migliaia di posti di lavoro e metteva all’angolo milioni di famiglie in Europa?»).
Non solo un’analisi da grande protagonista sullo stato di salute e le prospettive della siderurgia nazionale; è stato piuttosto un manifesto anti-crisi a tutto tondo quello tracciato ieri pomeriggio a Milano da Giovanni Arvedi durante l’intervista con Lucio Dall’Angelo, direttore di Siderweb, nel corso dell’iniziativa ‘Bilanci d’acciaio’ tenuta al Museo nazionale della scienza e della tecnologia intitolato a Leonardo da Vinci.
L’occasione per analizzare i bilanci 2021 dei grandi gruppi: per tutti è stato un anno straordinario, l’effetto-molla che ha seguito e precede mesi nel segno dell’incertezza, come testimoniano i dati riportati nelle tabelle di queste pagine (manca, non essendo stato comunicato, quello dell’Acciaieria cremonese). «Da qualche mese il trend ha però cambiato di segno; il comparto attraversa un periodo di difficoltà. Ma l’acciaio rimane un elemento di sviluppo fondamentale per un Paese moderno», ha sottolineato Arvedi. «L’Italia mantiene la sua forza e capacità produttiva, e in quanto imprenditori noi siamo ovviamente ottimisti. Del resto, non abbiamo mai visto un pessimista avere successo...».
«Il forte aumento dei costi di produzione, a partire da quelli energetici, pone ovviamente un problema di competitività. Sono però convinto che la situazione tornerà ad assestarsi; ci sono tutte le condizioni per ristabilire in tempi ragionevoli un certo equilibrio».
«La produzione italiana punta da sempre sull’impiego del forno elettrico ‘alimentato’ con rottami e sottoprodotti; è anche il sistema più efficacemente orientato in una prospettiva di sostenibilità, al contrario di quanto avviene con i forni a Bof che utilizzano materiali provenienti dalla terra».
Competitività e sostenibilità non possono tuttavia prescindere dalla disponibilità di materie prime e di energia a costi abbordabili. «Perché ad oggi non possiamo fare a meno del gas e di acquistare bramme e palline minerali per i forni elettrici. Dover ricorrere al mercato rappresenta senza dubbio una limitazione dal punto di vista strategico, dato che un Paese deve sempre poter contare su una ‘base’ di produzione. Ma sono convinto che i problemi si risolveranno».
A patto di qualche necessaria e doverosa correzione di rotta. «Siamo e rimaniamo trasformatori, ma il problema del gas può essere risolto. Ce n’è dappertutto; le responsabilità della situazione che si è venuta a creare sono di natura politica, e mi chiedo perché non si sia intervenuti diversamente e prima. In Europa 500 milioni di famiglie sono in difficoltà, ma il problema nasce dal fatto che tre Paesi (Usa, Norvegia e Olanda) ci guadagnano, mentre alcune compagnie hanno posto in essere una gigantesca speculazione».
«I prossimi mesi? Impossibile fare previsioni davanti a mutamenti così radicali e veloci; però i nostri imprenditori sono i migliori del mondo, e senza quella speculazione non avremmo particolari difficoltà».
La strategia del Gruppo Arvedi, intanto, ha compiuto un nuovo ed importante passo avanti con l’acquisizione delle Acciaierie di Terni. «Un’azienda che seguivo da tempo, conosco bene ed è complementare alle altre del Gruppo. Un’operazione che ha quindi una ben precisa valenza di filiera e strategica. C’è molto da fare, ma i ‘fondamentali’ di Terni sono molto validi».
Una strategia - quella di Arvedi - che ha sempre fatto dell’innovazione il suo punto di forza. «L’innovazione che nasce dallo spirito, dal pensiero, dalla voglia di andare oltre quello che esiste già e di immaginare soluzioni più avanzate. La razionalità non basta, perché è lo specchio dell’esistente. Poi, ovviamente, bisogna declinare questo pensiero alla luce della scienza e della ricerca, come abbiamo sempre fatto».
Senza dimenticare il rispetto dell’ambiente. «Al contrario. Per noi è una questione culturale, di responsabilità, figlia anche della nostra visione cristiana. Produrre senza causare danni a quanto ci circonda e naturalmente al nostro prossimo si può fare e lo facciamo. L’uomo è in grado di dominare il suo lavoro. Per questo non accettiamo certa ‘demonizzazione’ che dipinge gli imprenditori siderurgici come inquinatori. Sappiamo esattamente cosa dobbiamo fare e come farlo».
Tornando al tema del caro energia, «credo sia giusto attendersi interventi e aiuti concreti a livello europeo e nazionale. Per le aziende, le famiglie (ma anche per gli ospedali, ad esempio) è stata una situazione pesantissima. Con una gran massa di denaro finita alla speculazione, sottratta a chi voleva investire e ‘sparita’ chissà dove... Penso che i sindacati avrebbero dovuto far sentire la loro voce su questa partita, su un meccanismo oggettivamente inaccettabile. Noi, però, continuiamo a fare la nostra parte. Coltivando sogni e progetti più grandi, puntando sulle persone, sui giovani (come dimostra il nostro impegno a Cremona per i nuovi Campus della Cattolica e del Politecnico, nel segno della necessaria alleanza tra sapere umanistico e tecnico), sulla speranza di un accordo strutturale tra Paesi trasformatori come noi e Paesi ricchi di materie prima (come la Russia); forti del modello italiano di un capitalismo famigliare e dei valori cristiani del nostro Paese».
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