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Sagra delle Radici: la tradizione resta viva

L’edizione numero 56 è quella del rilancio e non ha tradito le aspettative di molti appassionati

Andrea Niccolò Arco

Email:

andreaarco23@gmail.com

23 Ottobre 2022 - 19:25

Sagra delle Radici: la tradizione resta viva

SONCINO - Non ha tradito le aspettative e, anzi, le ha forse superate. La cinquantaseiesima Sagra delle Radici è stata davvero la sagra del rilancio e, se tutto fila liscio, entrerà anche negli annali come la prima «Sagra di qualità» nella storia di Soncino, la seconda nel Cremonese dopo il Marubino di Casteldidone.

Attesa spasmodica per l’esito dell’indagine condotta dagli Ispettori Unpli, accompagnati da Giuseppe Cavalli di Pro loco. Il vero bilancio domani ma, intanto, le prime impressioni: «Siamo davvero soddisfatti – commentano i volontari al termine di una giornata frenetica –. La Sagra continua ad appassionare e crescere».

ispettori

Cavalli con gli ispettori Unpli. Sotto il pranzo con le radici

sagra


È passato più di mezzo secolo dalla prima volta. Nata quasi come esperimento, è diventata la kermesse gastronomica più famosa del Cremonese, seconda solo al Torrone del Torrazzo. E, dopo un anno perso (leggesi Covid) e un altro in sordina (Green pass e restrizioni), a briglie sciolte si conferma ormai un gigante nel gotha delle fiere non solo locali.

Tra le viuzze del borgo, dove si cammina a fatica per la ressa, si torna a sentir parlare dialetti da ogni angolo d’Italia, ma anche francese, inglese e tedesco.

Gli stand, oltre un centinaio, vengono dal Sud, dalle Isole, dal Centro e ovviamente da tutto il Nord Italia. Una sagra non più solo soncinese o cremonese, oggi un gioiello italiano. E la presenza dell’Unpli, che dovrà decidere se merita o meno il prestigioso riconoscimento concesso a sole quattro fiere lombarde e meno di 30 nello Stivale, ne è la riprova.

La fiumana è cominciata già dal primo mattino. Tutt’intorno al centro storico, dalla più remota periferia fino alla cinta del 1400 un coacervo (va detto però, quest’anno, molto ordinato grazie anche al pattugliamento serrato della polizia locale) di auto, camper e bus. Un’impresa titanica, ma questo è un problema atavico, trovare parcheggio nella fascia oraria intorno a mezzogiorno, ma non si sono registrati particolari problemi o proteste. Ci si è pure fatta l’abitudine e, essendo un borgo storico, Soncino non ha nemmeno la possibilità di costruire ulteriori maxi aree per la sosta. Poco da dire sulla formula, ormai rodata, e che assicura ogni qual volta il meteo non gioca un tiro mancino, il successo totale.

Ancora in fase di calcolo il numero di radici consumate e vendute a più di mille tavolate. Siamo, questo comunque è già certo, nell’ordine di diversi quintali.

Le due chicche: nel corso del pomeriggio si sono esibiti i teatranti della compagnia Caraval Spettacoli portando in scena il nostalgico «C’era una volta Soncino» scritto da Alessio Rosin. Ovazioni e applausi. Poi c’è l’organizzazione della Pro loco, drasticamente migliorata negli ultimi cinque anni: le code in piazza restano, perché migliaia di persone non possono servirle contemporaneamente 20 volontari, ma sono molto più snelle e veloci; più coordinati bar e ristoranti, con proposte a tema; molto più vari e di qualità i banchi.

Un approfondimento a parte merita il piccolo miracolo fatto da Oroverde: pur avendo perso, a causa della siccità, tra il 30 e il 40% delle Radici Amare di Soncino, l’ultimo coltivatore Roberto Bosio è riuscito comunque a garantire a Pro loco l’approvvigionamento completo.

C’è il tartufo e poi c’è il Tartufo di Alba. Così ci sono le Radici Amare di Soncino e le radici amare, con la minuscola. E anche se persino nel borgo qualche «imitazione» è circolata (ma riportando onestamente la dicitura corretta sulla confezione), la vera e unica pianta officinale, quella di Bosio, ha fatto il tutto esaurito in piazza Garibaldi. Nonostante l’annata difficile, infatti, il sapore caratteristico e la qualità in generale non ne hanno risentito. L'unica piccola differenza nelle dimensioni: quest’anno le radici erano un po’ più piccole. Ma quello che poteva inizialmente sembrare un difetto si è trasformato in un vantaggio ulteriore: vista la forma inusuale sono diventate, addirittura, «radici da collezione».

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