L'ANALISI
13 Ottobre 2022 - 17:29
Il totem di Porta Po, di fianco Ettore Favini, Daniele Cipelletti, Stefano Corbari e Fulvio Stumpo
CREMONA - Chiama in causa Benedetto Croce, Fulvio Stumpo, presidente dell’Adafa, per esprimere le perplessità verso i totem alle porte della città che tanto fanno discutere. Capire prima di giudicare e allora il giornalista Stumpo ha deciso di chiamare l’architetto Stefano Corbari, al centro delle polemiche social e non solo di questi giorni, a spiegare il perché di quelle torri e l’idea che sta dietro al progetto di riqualificazione urbana, costato 200 mila euro e a metà del percorso di realizzazione. I totem con i nomi delle porte sono, infatti, solo l’inizio.
Il terreno neutro è la sala del camino dell’Adafa, associazione che nel suo nome ha i termini: amici e famiglia e che per questo è luogo di incontro, piuttosto che di scontro. La sala è piena. Corbani, accompagnato da Ettore Favini e Daniele Cipelletti, parte dello staff che ha elaborato il progetto, non fatica a confessare, candido, lo stupore per il tono dei commenti e in alcuni casi l’acredine: «Il progetto è nato per unire e invece si ritrova a dividere. L’esatto contrario del nostro obiettivo», dice. «Le torri minori, così abbiamo immaginato quelli che tutti chiamano totem, sono segni che riprendono il simbolo della città, il Torrazzo, con una misura che è un decimo della torre grande. Gli ingressi della città, il nome delle porte come la tradizione ce le ha consegnate sono il primo segno di un progetto più ampio che intreccia memoria e storia per rendere più consapevole il nostro appartenere alla città. I colori delle scritte riprendono i colori dei gonfaloni delle diverse porte».
In questo gioco di rimandi il progetto di Corbari, finanziato con un bando legato alla rigenerazione e arredo urbano, vuole accompagnare il cittadino e il visitatore dagli ingressi al cuore di Cremona: «Abbiamo pensato — prosegue — a una serie di stendardi appenderemo ai fili della luce dei corsi principali. In step successivi si rivedrà parte dell’arredo urbano con sedute ad hoc che permettano di valorizzare alcuni scorci». La sala ascolta, silenziosa e attenta. Ma c’è chi commenta: «E poi sono arrugginiti». Gianni Fasani, medico e cultore di cose cremonesi, osserva: «Capisco il pensiero, ma a me risulta difficile identificarmi in tralicci». Di contro Mariella Morandi, storico dell’arte, osserva: «Ma forse per essere un segno avreste dovuto osare di più, fare qualcosa che lo lasciasse veramente il segno».
Corbari ascolta e ribatte, non nascondendo che è il pensiero ad aver mosso l’azione e che l’impatto estetico non può che essere soggettivo: «Abbiamo usato acciaio corten perché con un colore che si richiama al cotto dei mattoni. Prima della realizzazione abbiamo passato l’esame di ben cinque enti controllori, compresa la Soprintendenza». E da fondo sala c’è chi commenta: «Ancora peggio». E a chi osserva che in non tutte le piazze il totem si veda, Corbari osserva: «A Porta Milano abbiamo dovuto evitare, per richiesta dell’amministrazione, di spostare una pianta e così la soluzione è stata metterlo dietro. A porta Venezia dovrebbe essere tagliata un po’ l’aiuola per renderlo visibile. È a porta Po che la torre ha trovato la sua condizione migliore, anche se avremmo voluto posizionarlo al centro della fontana, magari piena d’acqua». E allora dalla sala arriva il commento: «Proprio a porta Po il totem impatta di più».
Ribatte l’architetto: «In realtà c’è solo un punto dove torre minore e Torrazzo coesistono e non mi pare che sia di troppo disturbo. Ma ripeto l’idea del progetto è accompagnare visitatori e cremonesi con segni non invasivi dalle porte al cuore storico di Cremona, sollecitando una consapevolezza sulla storia della città». E per questo verranno in parte rifatti i cartelli che spiegano palazzi e monumenti. «Ma il Comune li rifece qualche anno fa e come Fai ci occupammo delle spiegazioni legate agli ex monasteri», puntualizza Angela Bellardi. Ribatte Corbari: «Ci è stato chiesto di rendere omogenei i cartelli, un passaggio in più rispetto al progetto. L’idea è che il centro possa essere fruito nei sui segni storci con immediatezza e bellezza». Insomma, parafrasando il titolo di un testo di Sigmund Freud, quei totem non sono tabù.
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