L'ANALISI
05 Ottobre 2022 - 20:44
(foto d'archivio)
CREMONA - «Forse mi è successo perché sono una vittima molto facile, perché mi lamentavo, ma non mi ribellavo». Marco non si ribellava agli «scherzi» dei compagni di classe, un maschio ed una femmina, i bulli conosciuti nel settembre del 2021, al primo anno delle superiori. Un anno «difficile». Un anno di «scherzi». I prepotenti ridevano, lui no. E li ha denunciati alla polizia postale.
Marco (nome di fantasia, ndr) ha 15 anni, frequenta il secondo anno di un istituto, è un ragazzino molto per bene ed educato, gli piace studiare, non ha grilli per la testa. «Mi sono sentito solo. La scuola non mi ha aiutato, come se fossi io nel torto. Non hanno attivato i protocolli», la sua denuncia.
Torna all’anno scorso, il ragazzino. Mette in fila date e «scherzi». «Un anno fa – racconta - ho cominciato a frequentare la classe con compagni che non conoscevo. A novembre, uno in particolare, il maschio, ha cominciato a farmi degli scherzi leggeri, ad esempio rubarmi il quaderno. Poi, pian piano gli scherzi aumentavano di gravità. Me li faceva con l’altra compagna. A febbraio è capitato con l’amuchina: mi hanno imbrattato il banco e la sedia durante l’orario di lezione. Loro continuavano, nonostante mi lamentassi. Ogni giorno c’era sempre uno scherzo diverso. Poi, a maggio ho scoperto dal mio compagno di banco che su un profilo Instagram mi riprendevano a mia insaputa. Io ho visto tre video, in particolare uno. Mi stavo allacciando le scarpe durante il cambio d’ora, quando non c’erano insegnanti. Avevo un piede sulla sedia. Da dietro, il compagno mi ha avvolto il nastro adesivo attorno alla faccia, coprendomi gli occhi e i capelli. Ho perso l’equilibrio. Sono caduto. La ragazza filmava».
Il bullo lo incerottava, la bulla lo filmava. E quel video è finito su Instagram.
In quei mesi Marco ha parlato con i professori. «Ho cercato aiuto. Mi dicevano che è il loro carattere, che non ci potevano fare niente. Quando ho scoperto i video, sono andato a lamentarmi dai professori. Sul momento si sono arrabbiati, hanno fatto andare il ragazzo in vicepresidenza, la ragazza quel giorno non era a scuola. L’unica cosa che hanno fatto è dare una nota disciplinare, chiamare i loro genitori. Poi, nulla».
I prepotenti si sono presi il 6 in condotta in pagella «e si sono pure vantati». Marco ha cercato disperatamente di parlare con la dirigenza, «ma venivo evitato».
Ha cercato solidarietà tra i compagni, «ma avevo tutta la classe contro: mi insultavano per aver fatto la spia. I professori hanno deciso di fare un incontro di solo due ore con la referente del bullismo e non è servito a niente». Dopo la metà di maggio, «la scuola mi ha offerto la psicologa: una visita sola, però, perché la scuola stava per finire».
Passata l’estate, con la ripresa della scuola, Marco i bulli se li è ritrovati in classe. E solo dopo l’intervento di chi sta indagando, sono stati spostati in un’altra sezione. Ma i prepotenti non l’hanno presa bene. Sulla chat, il maschio ha scritto: «Vendicatemi, ammazzatelo».
In tre, quattro gli hanno dato corda. Marco ha pianto. Con i genitori «molto preoccupati» e l’avvocato Simona Bozuffi che li assiste, è tornato in questura.
Mamma e papà sono arrabbiati. «Noi genitori portiamo i nostri figli a scuola, il luogo per imparare, studiare, ma devono essere tranquilli. Non abbiamo trovato aiuto. I genitori dei due ragazzi non ci hanno neanche chiesto scusa. Nostro figlio vuole solo essere rassicurato dalla scuola». Marco i suoi bulli ora li incrocia in corridoio. «Li evito».
«La scuola ha agito, ha ascoltato e anche quest’anno ha attivato delle azioni a supporto – ha spiegato la preside. La scuola è una agenzia educativa importantissima che non può sottrarsi al suo compito educativo e formativo. I genitori hanno la responsabilità genitoriale e di accompagnare i loro figli. Deve essere una unità di intenti. La scuola sta monitorando come ha sempre monitorato, per cercare una atmosfera di serenità e di accompagnamento».
I ragazzi sono stati messi in un’altra sezione. «Le situazioni che altri suggeriscono direttamente o indirettamente - precisa la preside — non devono pesare poi nelle scelte che la scuola fa, che è giusto che faccia e di cui ha la piena responsabilità. Se sono state prese queste scelte, è perché i docenti hanno osservato le situazioni all’interno della classe che necessitavano di serenità, perché questo è il nostro obiettivo: rasserenare tutta la classe».
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