L'ANALISI
VIAGGIO NELL'ITALIA DIMENTICATA: L'INTERVISTA
27 Settembre 2022 - 16:45
CASALMAGGIORE - È terminato il viaggio tra i senzatetto di Giuseppe «Giupi» Boles. Iniziato a febbraio, si è concluso pochi giorni fa a Stintino, in provincia di Sassari: 3.800 chilometri di strade asfaltate per l’esperimento sociale, di una persona che non è un senzatetto, di vivere da senzatetto in mezzo a loro.
Un’esperienza che ha permesso a Boles di vedere il mondo da un’angolazione diversa e alternativa, con tutte le proprie cose caricate su un carrellino e dormendo sotto le stelle, nei boschi o in rifugi di fortuna. «È stato un cammino faticoso — esordisce Boles — in cui volevo porre l’attenzione su tre fattori: il viaggio vero e proprio anziché la meta finale; utilizzare la cosa più trascurata oggi — la cultura — come mezzo per avere in cambio un pezzo di pane; fingersi peggiore di quello che si è realmente».
Qual è l’impressione a caldo?
«Che dagli Over 30 in su c’è una maggiore disponibilità all’ascolto e all’aiuto. Sono curiosi e, forse, stanchi dei rapporti virtuali. Inoltre per molti ho rappresentato il sogno della libertà assoluta. Come per Rino, direttore di un supermercato di Andria, che mi ha offerto la spesa e ogni due, tre giorni mi chiamava per sapere come stavo».
Come ha funzionato la cultura come merce di scambio?
«Bene. Mi mettevo nelle condizioni di raccontare quello che conoscevo e in cambio ottenevo cibo. Non era un gesto caritatevole — anche se ci sono stati —, ma una forma di ringraziamento».
Anche i senzatetto la utilizzano?
«No, non la usano non perché non abbiano nulla da raccontare, ma perché non accettano l’aiuto di nessuno e tendono a isolarsi. È un meccanismo di difesa del cervello contro la diffidenza che colpisce in ogni momento. È successo anche a me per un breve periodo».
C’è stato anche un viaggio nel viaggio?
«Sì, quello della mia ricerca degli alberi millenari. Per me sono stati un faro e ne ho trovati tantissimi, alcuni sconosciuti alla gran parte delle persone».
Qual è il posto che l’ha colpita di più?
«Il teatro di Adromeda a 30 chilometri da Corleone. Il posto più bello che abbia mai visto in vita mia. Un luogo costruito da un pastore e scarpellino, un perfetto mix tra antico e moderno, con un’attitudine molto orientale. Un posto per meditare, dove anche il silenzio diventa musica».
Un viaggio anche di incontri?
«Certo. Tanti, ma uno più particolare degli altri. Un membro di una famiglia mafiosa che per il solo fatto di aver aiutato un anziano a raccogliere la spesa che gli era caduta, mi ha offerto vitto e alloggio, dicendomi ‘Lei è un galantuomo, persone così non ne sono rimaste molte. Anche noi siamo cambiati, non c’è più il vecchio codice d’onore di una volta’. In Calabria invece ho incontrato per caso una coppia di Casalmaggiore e il sindaco di Solaro Vittorio Ceresini. Sapeva quello che stavo facendo e mi ha chiamato per incontrarci».
Com’è stato il ritorno a casa?
«Tra gli effetti di un cammino c’è la dilatazione del tempo. A me sembra infatti di essere stato via per più tempo, addirittura che il mio cammino sa iniziato con il Covid, ma tra i due fatti ci sono un paio d’anni di differenza».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris