L'ANALISI
22 Settembre 2022 - 05:00
Fausto Maccagnoni con alcuni visitatori della sua collezione di cavatappi
CASTELVETRO - Il più antico risale al 1600, quando cominciando a imbottigliare il vino nel vetro si è reso necessario inventare un oggetto per estrarre il tappo in sughero; il più originale invece riproduce un corpo femminile. Stiamo parlando di cavatappi e Fausto Maccagnoni, collezionista castelvetrese, ne possiede oltre 200. Non i classici souvenir che si comprano in vacanza, ma pezzi rari e talvolta costosi, spesso scovati all’estero. Ne ha selezionati circa 150 e li ha esposti in biblioteca, dove fra i primi visitatori ci sono stati gli amici francesi di Busnes, paese che recentemente ha siglato un gemellaggio con Castelvetro.
«Non c’è una ragione particolare che mi ha spinto a cercare e raccogliere cavatappi – spiega Maccagnoni –, semplicemente sono un collezionista e oltre a questi oggetti mi sono dedicato anche ad altri. Fra cui calamai, macchine da scrivere e macchine fotografiche. Sapendo del gemellaggio con la cittadina del Nord della Francia, ho subito pensato al fatto che in dialetto piacentino usiamo il termine ‘tirabuson’ per indicare il cavatappi e gli amici francesi praticamente pronunciano allo stesso modo quando parlano del loro tire bouchon. Il più antico? Una fedele riproduzione di due esemplari originali e unici del 1600, conservati a New York e Parigi. Ma sono molto particolari anche alcuni pezzi dell’800, dotati di uno spazzolino che serviva per pulire la ceralacca. E poi tanti altri, come un cavatappi con le gambe di donna che mi è costato circa 300 euro. Pezzi da collezione trovati in parte sui mercatini e in parte anche online».
Ad accompagnare la delegazione francese a conoscere Maccagnoni e la sua collezione è stato il vice sindaco Pier Luigi Fontana. Preziosa inoltre la collaborazione della famiglia dell’indimenticato Giancarlo Bossi, farmacista e sommelier autore di numerose pubblicazioni sui vini. «Oltre ai cavatappi ho mostrato libri e bottiglie di pregio», spiega Maccagnoni.
Il castelvetrese, pensionato con un passato lavorativo all’Ocrim, è appassionato di viaggi e oggetti antichi, così negli anni ha collezionato anche altri oggetti. Fra cui le macchine fotografiche. Tra i pezzi più rari che conserva, infatti, ci sono un antico modello di macchina a soffietto datata 1860 e una lanterna magica sempre di fine ‘800, entrambe rigorosamente funzionanti.
«Prima di acquistare ogni pezzo controllo con attenzione, se c’è anche solo un forellino dal quale filtra luce significa che le foto non sarebbero buone – ha spiegato Maccagnoni in occasione di un incontro organizzato con l’associazione castelvetrese Immaginarte –. Qualche macchina l’ho anche provata, pur essendo davvero poco portato per gli scatti e lo sviluppo in camera oscura. Oltre alle macchine fotografiche antiche ho diverse immagini, ad esempio più di un migliaio di antiche foto francesi, qualche ritratto su lastra e bellissime stereoscopie realizzate anche in Sud America».
Altra sua passione è l’evoluzione delle forme di scrittura: dall’inchiostro e calamaio, sino alle prime macchine da scrivere. Fra queste ultime sono da citare la Littoria 10 prodotta nel 1934, la Corona che venne prodotta dal 1912 fino alla Seconda guerra mondiale, la Williams, la Olivetti lettera 22 e tante altre.
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