L'ANALISI
CREMONA
13 Settembre 2022 - 18:47
CREMONA - È agitata, fa un ampio respiro, perché non è facile raccontare nell’aula di tribunale «l’incubo», così lo ha definito, cominciato nella tarda serata del 20 febbraio di due anni fa, quando il compagno «di cui ero innamorata» la chiamò per un incidente. Era finito fuori strada. «Puoi venire? Sono andata, ho chiamato i soccorsi, sono salita sull’ambulanza. Al Pronto soccorso lui era al Triage, io l’ho aspettato. Mi ha poi passato le carte, ho letto e scoperto che aveva l’Hiv. Sul referto aveva dichiarato di essere sieropositivo da più di dieci anni». Ma nei quattro di convivenza «non me lo ha mai detto». E l’ha infettata. «Tuttora mi chiedo come un essere umano possa fare una cosa così ad un altro essere umano. La relazione è finita subito quella sera».
Maria (nome di fantasia, ndr) oggi ha 49 anni. Da due, ogni 24 ore prende una pastiglia, ogni sei mesi fa gli esami del sangue e ha trovato una «brava psicologa che mi segue nella terapia mentale». Con gli uomini ha chiuso. «Non credo più agli uomini e, poi, il dover raccontare la mia storia, mi vergogno». L’ha raccontata oggi al processo, lei parte civile con l’avvocato Alessandro Vezzoni, lui, non presente in aula, accusato di lesioni gravissime, difeso dall’avvocato Marilena Gigliotti. L’ex si difenderà il 10 gennaio prossimo. Prima di lui, saranno sentiti i medici legali.
Maria parte dal 2016, l’anno in cui conosce l’imputato durante una cena. Si mettono insieme, poi vanno a convivere. Era «un gentiluomo, le cene, mi voleva bene, si faceva voler bene. Nell’ultimo anno era cambiato, come se volesse nascondere qualcosa. Aveva perso il lavoro, beveva, alzava le mani». Maria torna alla sera dell’incidente. «Quando lui è uscito dal Triage del Pronto soccorso l’ho guardato: ‘Perché non mi hai detto che eri sieropositivo?’ Lui: ‘Non lo sapevo neanche io’. ‘Ma come, se lo hai dichiarato tu nel referto?’. Poi lo hanno portato dentro il reparto. Ha cominciato a mentire, a negare l’evidenza», dice la donna al pm Francesco Messina e ai giudici.
Quella sera, in ospedale lei si mette a piangere. «Un’infermiera mi si è avvicinata. ‘Ho scoperto questa cosa’. Eh sì, Eh sì, scoperta —, sottolinea in aula —. Il giorno dopo ho fatto il primo esame. Dopo il primo responso avrei dovuto fare un secondo esame», ma la pandemia e il lockdown complicano tutto. Maria deve rinviare l’accertamento. «Quando è finito il lockdowm, ho ripetuto il primo esame e ho fatto il secondo. L’esame ha confermato che avevo contratto il virus, per fortuna non l’epatite. E ho cominciato le cure». Sono i giorni in cui «gli ho chiesto spiegazioni. Mi ha detto che non aveva mai trovato né il tempo né le parole per dirmi che era sieropositivo da più di dieci anni. Avevo smesso di frequentarlo, ma ero ancora innamorata nonostante la batosta. Ho cercato di parlargli: solo bugie, bugie. Tutti i giorni gli chiedevo spiegazioni. Lui mi diceva sempre la solita cosa, che non aveva trovato né il tempo né le parole. ‘Glielo dico domani, ma il tempo passava’. Non mi ha mai parlato. E non mi ha nemmeno aiutata. Il mio medico voleva sapere da quanto tempo lui era sieropositivo. Non me lo ha voluto dire. ‘Già mi hai rovinato la vita, cerca di aiutarmi’. Niente. Mi ha persino minacciato: ‘Quando esco di galera, vengo a trovarti».
Maria scopre molte cose in quei drammatici giorni. Scopre che in passato, l’ex compagno aveva fatto uso di sostanze stupefacenti. Ma vi è dell’altro. Anno 2018. «Su Facebook mi contattò un uomo. Mi disse che doveva restituire degli effetti personali del mio compagno: uno spazzolino e una maglietta. Mi disse che aveva avuto una relazione con lui, ma io non ci ho fatto caso. Pensavo ad una amicizia morbosa. Il mio compagno negò. Io ho creduto più al mio compagno». Anno 2020. Finita la relazione, «quell’uomo mi ha ricontattata. Mi ha confermato di aver avuto una relazione con il mio compagno. Mi ha raccontato il contatto: una chat in Internet dove si incontrano gli omosessuali. Mi disse che il mio compagno era molto noto nella Bergamasca».
In aula l’uomo conferma la relazione omosessuale. «Tra un tira e molla — fa mettere a verbale —, ci siamo frequentati un annetto. Non mi aveva detto che aveva una compagna. Mi portava la colazione e i fiori a letto». Maria, «inorridita», esce dall’aula e dal Tribunale. Non sentirà il medico di base che tra i suoi assistiti ha avuto fino a dicembre del 2020 l’ex compagno. «Non sapevo che fosse sieropositivo. Non lo ha mai riferito. Non c’è mai stata occasione di accertarlo. Per me era una cosa nuova».
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