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L'EMERGENZA CARO ENERGIA

Chiese e oratori al buio? I sacerdoti pronti al «sacrificio»

I parroci preoccupati: «Ma siamo la casa di tutti e non chiuderemo»

Elisa Calamari

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03 Settembre 2022 - 05:25

Chiese e oratori al buio? I sacerdoti pronti al «sacrificio»

CREMONA - I rincari di gas ed elettricità stanno mettendo in ginocchio famiglie, imprese e anche la Chiesa. Perché edifici religiosi e oratori sono case di tutti, spesso sempre aperti, pronti ad accogliere. Ma un ambiente confortevole necessita per forza di cose di riscaldamento e luce. Ecco allora che l’autunno alle porte, con la conseguente necessità di scaldare spazi molto ampi come quelli delle parrocchiali durante le messe, preoccupa i sacerdoti. Quasi tutti hanno in programma incontri con i fedeli, per valutare insieme come affrontare l’emergenza. E c’è anche chi ha già sottoposto il problema alla loro attenzione.

Don Paolo Arienti

Quest’ultimo è il caso di don Paolo Arienti, parroco di Sant’Ambrogio a Cremona, che nei giorni scorsi durante la messa non ha nascosto la criticità. E con schiettezza ha chiesto suggerimenti, collaborazione e aiuto. «Dobbiamo guardare avanti e sicuramente dovremo pensare ad economie – spiega –. Ma non intendo scegliere da solo, perché la chiesa non è casa mia, ma di tutti. Ecco perché domenica mi sono rivolto alla comunità chiedendo di farsi avanti e di ragionare insieme su queste economie. La parrocchia non è un’azienda monopersonale, ma una una comunità dove le famiglie, gli educatori, insomma gli adulti corresponsabili, possono e devono dire la loro». In battuta, don Arienti ha chiesto se sarà meglio spegnere le luci in chiesa o in oratorio, una provocazione che però rende l’idea dell’emergenza. E se non bastasse, a chiarire la situazione sono anche i freddi numeri: «In luglio la bolletta elettrica che abbiamo ricevuto ammontava a 1.200 euro – continua don Arienti – e si tenga presente che eravamo ai camp estivi, quindi l’utilizzo effettivo è stato nella prima quindicina del mese. Dunque si tratta di un costo importante, su cui è necessario ragionare. Qualche proposta dai parrocchiani è già arrivata, ne discuteremo ancora». Fra le varie ipotesi, per il momento, c’è quella di spostare la messa feriale in locali più piccoli come la sacrestia. Sufficiente per ospitare un numero di partecipanti decisamente inferiore rispetto a quello delle celebrazioni festive.

Don Federico Celini

Anche nei paesi del territorio l’attenzione sul tema è alta. Lo conferma don Federico Celini, parroco dell’Unità pastorale Madre nostra che comprende le parrocchie di Sospiro, San Salvatore, Longardore, Tidolo, Cella Dati, Pugnolo e Derovere. «Abbiamo già subito aumenti vertiginosi – spiega il sacerdote –, sia per quanto riguarda il riscaldamento della chiesa sia per quanto riguarda le strutture di competenza compreso l’oratorio, che ha una funzione sociale importante. Ricordo che lì viene anche organizzato il doposcuola e non possiamo certo pensare di tenere i bambini al freddo. Affronteremo il problema, nell’ottica della corresponsabilità, come consiglio pastorale unitario. Condivideremo come affrontare questa emergenza, che ci vede veramente in difficoltà perché le spese non vengono assolutamente compensate dalle offerte e perché ci rendiamo conto che non possiamo battere cassa più di tanto con i fedeli: le famiglie stesse si trovano nelle stesse nostre condizioni. Dovrà esserci qualche sacrificio, ma non abbiamo ancora messo a fuoco di che tipo. Anche perché non deve essere una decisione del prete, ma comunitaria».

Don Stefano Bianchi

Sulla stessa lunghezza d’onda il parroco di Monticelli d’Ongina, don Stefano Bianchi, che già anni fa si era ritrovato costretto a risparmiare sul riscaldamento e che ora attende la prima metà di settembre per affrontare la questione con il consiglio affari economici della parrocchia piacentina: «Come tutte le realtà, familiari o aziendali che siano, anche le chiese sono in difficoltà. Specialmente quelle delle piccole comunità. Credo che la questione dovrà per forza destare attenzione, perché interessa tutta Italia. Non abbiamo ancora preso misure, ma ne parleremo presto».

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