L'ANALISI
20 Agosto 2022 - 17:18
CREMONA - Le interruzioni di gravidanza complessive sono andate progressivamente calando in Lombardia tra il 2017 e il 2021. È questo il dato che emerge da un’analisi del Pd, per quanto riguarda la nostra regione e che va a segnare un -12% in 5 anni.
La Lombardia si caratterizza nettamente, per contro, per l’alto numero di obiettori di coscienza, per uno scarso ricorso all’aborto farmacologico rispetto a quello chirurgico e per un numero di consultori ancora insufficienti. Cremona, in questo quadro, si piazza più o meno a metà strada. A metà esatta per quanto riguarda gli obiettori, mentre si attesta su un dato del 23,5% per quanto riguardo l’utilizzo della Ru486 (aborto farmacologico). Un percorso, quello tracciato, che è ad ostacoli per quelle donne che oggi in Lombardia decidono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).
Le criticità sono state evidenziate in uno studio che ogni anno analizza il fenomeno raccogliendo i dati direttamente da tutte le strutture Asst (Aziende Socio Sanitarie Territoriali). Il numero totale delle interruzioni volontarie di gravidanza ha mantenuto il trend di calo anche nei due anni di pandemia, confermando l’andamento degli anni precedenti. Alla riduzione di interventi Ivg, non dovrebbe corrispondere però, una riduzione del diritto di accesso al servizio, cosa che invece si verifica in Lombardia, dove sono sette le strutture che presentano al loro interno il 100% di obiezione di coscienza.
Non solo: la nostra regione ha le province con il tasso di obiettori più alto, cioè oltre il 75%. In testa Mantova (82,8% con l’eccezione della città), a cui seguono Bergamo (78%), Varese (77,1%) e Brescia (75,2). A Cremona gli obiettori si attestano attorno al 63,9% , posizionando la città, al sesto posto sulle 12 province. Oltre al numero di obiettori ancora alto, risulta allo stesso tempo lenta la crescita dell'utilizzo della pillola abortiva Ru486, che in Lombardia si attesta intorno al 35%. Viene ancora preferito in larga parte l’intervento chirurgico nonostante sia molto più invasivo.
In diverse province l’obiezione lascia scoperta ampia parte dei territori ed è così necessario spostarsi anche di molto rispetto al luogo in cui si vive. A cascata, il problema che ne consegue, è che le strutture che accolgono più utenza, anche fuori dal territorio, allungano le liste d’attesa. Ognuno è e deve essere libero di fare la sua scelta in coscienza, però una struttura non può non erogare il servizio, perché lo prevede la legge 194.
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