L'ANALISI
29 Giugno 2022 - 05:20
CREMONA - La decisione della Corte suprema americana, che dopo cinquant’anni ha abolito la storica sentenza Roe v. Wade sull’aborto demandando a ciascuno Stato le decisioni in tema di interruzioni volontarie di gravidanza, ha riaperto il dibattito anche nel nostro Paese: da una parte chi teme revisioni legislative in Italia e difende la libertà di scelta delle donne; dall’altra chi invita ad aprire un’ampia riflessione sulla legge 194, ponendo al centro la vita.
Una contrapposizione che da tempo si registra anche a Cremona, dove nel primo semestre di quest’anno gli aborti volontari registrati nelle strutture dell’Asst sono stati 74. Erano stati 187 l’anno scorso e 204 nel 2020. Dietro ai freddi numeri, però, ci sono storie completamente diverse. Così come ci sono differenti convinzioni, entrambe legittime, dietro ai medici che decidono se praticare o meno le interruzioni di gravidanza. E attualmente in Asst Cremona sono 7 i professionisti non obiettori, numero in aumento rispetto al passato. In ogni caso le richieste delle pazienti, viene precisato, sono sempre state esaudite. Senza la necessità di rivolgersi alle strutture di altre province.
Sul tema interviene, per chiarire quanto accaduto in America dal punto di vista legislativo, la Consigliera di parità Cristina Pugnoli: «La recente sentenza della Corte suprema americana, che così tanto clamore ha suscitato, al contempo ha ingenerato qualche fraintendimento e letture difformi dalla reale portata della decisione. Il pronunciamento ha annullato una sentenza del 1973 che aveva reso l’interruzione di gravidanza un diritto costituzionalmente garantito; ciò non significa, in assoluto, che negli Stati Uniti non vi sia più un diritto all’aborto, ma che – viceversa – lo stesso sia riconosciuto, o negato, dai parlamenti dei singoli Stati. Non è pertanto corretto sostenere che la Corte suprema abbia negato il diritto all’aborto, posto che la Costituzione degli Stati Uniti non fa menzione specifica di quel diritto».
Ad oggi dovrebbero essere 26 gli stati americani che lo vieteranno, con tutto ciò che ne consegue per una donna intenzionata comunque ad interrompere la propria gravidanza: «Chi risiede in Paesi dove l’aborto volontario è vietato (o lo sarà) – continua Pugnoli – si vedrà costretta, nella migliore delle ipotesi, a recarsi in uno di quegli Stati dove, invece, la procedura rimane legale e disponibile». Il rischio peggiore, da scongiurare, è invece l’incremento di aborti clandestini. «Questa sentenza deve portare tutti noi a riflettere – conclude Pugnoli – poiché un diritto, che sembrava acquisito e non più tangibile, può ora essere cancellato ad opera del singolo Stato».
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