L'ANALISI
20 Agosto 2022 - 05:00
Giocatori di bocce impegnati sulle corsie dell’Arci Crema Nuova
CREMA - L’ultima bocciofila a chiudere i battenti in ordine di tempo è stata l’Arci di San Bernardino, insieme alla Nuova Bar Bocciodromo, che ha però lasciato il posto da pochissimo alla neonata Crema Bocce. Il saldo, tuttavia, rimane sempre negativo. I circoli delle bocce che uno alla volta scompaiono sono l’immagine di una Crema che non c’è più. La Crema di una volta, dove la bocciofila era la seconda casa per molti, dove le generazioni si mischiavano, dove nel periodo estivo si trascorrevano intere giornate, in compagnia.
Dove le bocce e le carte erano solo un pretesto per stare insieme, per socializzare e anche per sfidarsi, tra uno sfottò e l’altro che non intaccava amicizie vere. Le bocciofile erano luoghi particolari, frequentati da gente particolare, ognuno col suo soprannome, con le sue abitudini, con le sue stranezze. La bocciofila era l’osteria, con il suo odore particolare, l’odore di osteria. come avrebbe detto Balzac. In mezzo al quale si viveva e con il quale si cresceva.
A fine anni Ottanta, in città, i circoli delle bocce erano più di venti. In centro c’erano il Convento, la Marson, l’Esperia, la Firmi, nei quartieri c’erano società a Castelnuovo, a Santo Stefano, a San Bartolomeo, alla Ferriera, all’Olivetti, due a San Bernardino, altrettante a Santa Maria, tre ai Sabbioni e quattro a Ombriano. Oltre alle due di Crema Nuova che ancora resistono e che sono l’Arci e l’Mcl Achille Grandi. Nel tempo si è aggiunto il bocciodromo, al quale però manca la tipicità di quei luoghi unici. Alla Benelli dei Sabbioni, le giornate trascorrevano sotto la grande magnolia, che poi dava il nome al circolo. Di giorno si giocava, si discuteva, la sera si ballava. Su ogni albero che costeggiava il vialetto d’ingresso c’era una targhetta in metallo con inciso il soprannome di un giocatore di bocce. Erano chiamate le piante dei ‘caregnù’ (i piagnoni) e servivano appunto a piangere dopo una partita persa.
Negli anni Ottanta il Cremasco pullulava di luoghi così. Luoghi che oggi sarebbero da film e che le nuove generazioni non hanno vissuto. Perdendosi qualcosa. Le società erano 40, i tesserati 2.000, con circa 300 giovani. Il passatempo costava poco e anche questo era uno dei motivi del successo che riscuoteva. Oggi i circoli sono 11, con poche centinaia di giocatori e nessun giovane. La trasformazione delle vecchie osterie in bar e gelaterie, se non pizzerie, ha portato a sacrificare i campi di gioco per aumentare lo spazio esterno per tavoli e sedie. Questo fenomeno ha azzoppato il movimento. Il piacere di socializzare e di stare insieme si è perso, l’umiltà del gioco e del contesto non esercitano più richiamo sui ragazzi, che preferiscono sport di maggiore richiamo. Gli anziani vedono venire meno i punti di riferimento. Un pezzo alla volta, la vecchia Crema se ne va. È la Crema di una volta, quella che non c’è più.
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